Il cibo: la vita
Saper mangiare: il cibo. Bisogna sapere, per mantenersi in linea, in salute e conoscersi meglio. Le emozioni influenzano il comportamento alimentare.
Un rapporto alterato con il cibo ci segnala sempre che sta succedendo qualcosa che non riusciamo a controllare. Se poi il rapporto si traduce in improvvisa inappetenza o in una fame insaziabile, tutto dipende dal legame con il cibo che si è creato nell’infanzia. Chi fin da piccolo è stato consolato a furia di dolcetti continuerà a cercare questo tipo di consolazione. Chi invece è stato accudito in alto modo cercherà altre risposte. Il rapporto con il cibo può rappresentare anche un modo per identificarsi con la propria famiglia e le sue abitudini o per rifiutarle. Può servire, come nel caso dell’anoressica, per esprimere la propria libertà e indipendenza rispetto a una madre oltre modo “invasiva”.
Una volta capito il perché delle proprie reazioni, il mio consiglio, in psicoterapia, è di ascoltare le emozioni e non cercare di negarle o soffocarle.
Non negare le emozioni
Esse si possono affrontare un pò alla volta senza farsi del male.
Si può imparare a placare le proprie in sicurezze e dare sfogo al desiderio di indipendenza, prendendosi cura di sé attraverso la cura delle proprie cose dei propri interessi. Se la persona, quindi, capisce che la situazione sta sfuggendo al suo controllo, non c’è niente di male a chiedere aiuto a uno Psicoterapeuta. Egli accoglierà il soggetto con amore dandogli strumenti adatti per risolvere il disagio, prima che i problemi diventino seri.
Bisogna sapere, per mantenersi in linea, in salute e conoscersi meglio, che le emozioni influenzano il comportamento alimentare.
Un rapporto alterato con il cibo ci segnala sempre che sta succedendo qualcosa che non riusciamo a controllare.
da: http://www.spoletonline.com
Commento del Dott. Zambello.
La klein, attraverso un lungo lavoro psicoanalitico sui bambini, aveva teorizzato che tutta l’attività intrapsichica si struttura nei primo anno di vita, ancor meglio nei primi sei mesi. Fondamentalmente lei diceva che tutto ciò che faremo come adulti, in qualche modo è la conseguenza e porta l’impronta di ciò che è successo tra noi e nostra madre nei primi sei mesi.
Ciò che materialmente passa tra l’infante e la madre è prevalentemente il cibo.
Questo é caricato di tutti i significati e l’energia possibili. Esso ci permette di vivere ma continuamente abbiamo il “timore” di poter morire se dovesse mancare. Il latte, il cibo è il simbolo e l’oggetto di tutta la nostra libidine.
La coazione a ripetere
Se veramente ciò che noi facciamo non è altro che un “ripetere”, in modi diversi ma con il significato sempre uguale, qualcosa che si è strutturato nei primi sei mesi di vita. Nel tentativo inconscio di compensare frustrazioni delle quali non abbiamo alcuna consapevolezza. Allora si capisce che una terapia cognitiva, cioè una terapia in cui noi conosciamo, vediamo , dove sbagliamo, serve a poco.
L’unica via terapeutica che io conosco è la psicoanalisi.
Di Renzo Zambello il libro: ” Ricordi e riflessioni di uno psicoanalista” Ed. Kimerik
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