Attacchi di panico paura di impazzire.
Dottore, soffro di attacchi di panico ho paura di impazzire. Che devo fare?
Attacchi di panico ho paura di impazzire. Mi arrivano tutti i giorni sul Guestbook o in studio domande come questa. Mai come in questo periodo, forse anche a seguito di una incertezza economica e sociale, si è acutizzato questo tipo di disagio. E’ per questo motivo che torno a parlarne.
Nell’ultimo secolo è cambiata la tipologia della sofferenza psicologica
Agli inizi del novecento i neuropsichiatri vedevano forme croniche di deficit mentale, psicotici in delirio produttivo e casi di isteria. Ora, l’isteria sembra essere quasi totalmente scomparsa. Per la verità non è proprio così ma, è certamente cambiata la sintomatologia prevalente. Dati credibili dicono che é il 10, 15% della popolazione di pazienti dei medici di base, soffre di attacchi di panico. Così è per il 40, 45% di quelli che chiedono aiuto ad uno psicoterapeuta.
Esordio degli attacchi di panico.
Gli attacchi di panico si presentano al paziente come un’ esperienza improvvisa e drammatica che scuote mente e corpo. E’ come se improvvisamente tutto andasse in corto-circuito.
La maggior parte delle persone che soffrono di attacchi di panico riferisce la paura di morire. Temono di perdere il controllo delle proprie emozioni e comportamenti, cioè di impazzire. E tutto ciò avviene improvvisamente, senza alcun preavviso e apparentemente alcun motivo.
Le sequele degli attacchi di panico
Le sequele sono il correre a chiedere aiuto ad un medico e spesso il ricovero in un pronto soccorso. Ed in fine, la diagnosi: “nessun problema fisico, è un attacco di panico”.
Già dal Pronto soccorso seguono indicazioni terapeutiche quali farmaci come ansiolitici e antidepressivi. Alcune volte il suggerimento a intraprendere una psicoterapia comportamentale. Quest’ultima dovrebbe aiutare il paziente a superare le ferite psicologiche lasciate dall’attacco di panico. Non è una esagerazione, le ferite psicologiche a seguito di un attacco di panico, a volte, sono importanti. Infatti dall’attacco il paziente tende a non andare più nei luoghi dove ha avuto l’episodio e a chiudersi piano, piano in se stesso. A isolarsi, egli assume cioè, dei comportamenti evitanti.
Cause e considerazioni:
Personalmente non credo affatto che tutto ciò dipenda da errori organici, né del nostro cervello che come un computer improvvisamente va in tilt. Però, credo anche poco che la soluzione terapeutica consista in un tentativo di superare, tamponare le micro e macro-fratture che si sono formate a seguito dell’attacco.
Gli attacchi di panico, sono un terremoto emotivo e fisico solo apparentemente senza una causa.
Sono convinto che l’attacco sia il sintomo di un disagio profondo di cui il paziente non aveva consapevolezza e inconsciamente negava.
Eziologia degli attacchi di panico.
Gli attacco di panico sono in realtà l’occasione che l’inconscio si da per cambiare. Obbliga il paziente a prendere contatto con problemi negati, con le vere istanze del Sé.
Paradigmi diversi in psichiatria
Oggi, molti dei pazienti che vediamo sono dei borderline che manifestano la maggioranza della sofferenza psicologica. I borderline sono pazienti che agiscono su più livelli, in più ruoli, su più stati emotivi e soprattutto, poco comunicabili tra loro.
Esempio.
Chi qualche volta è stato in un grande aeroporto, dove ci sono una serie di gates che si distaccano a raggiera dal corpo centrale, capisce cosa intendo. L’Io del paziente e come questo tipo di aeroporto: frammentato.
E’ come se il paziente vivesse separatamente di volta in volta, in bolle esperienziali che si staccano dal corpo centrale e pur rimanendo collegate ad esso, sono in realtà a se stanti e tra loro difficilmente comunicabili. Così è il borderline.
Percezione di un Io frammentato e fragile.
Si capisce cosi la sintomatologia è l’incapacità del paziente borderline a provare vere soddisfazioni o dolori. Qualunque cosa faccia, ottenga o succeda, lo lascia in preda ad una ansia generalizzata.
Il corpo è la parte più antica del Sé. E’ Il corpo che così diventa l’elemento unificatore, del Sé.
E’ lui, il corpo che trasmette e racconta il disagio. Se siamo capaci di coglierne il simbolo, Possiamo leggere nel racconto della sofferenza che segue negli attacchi di panico, la realtà di un Sé che teme di frammentarsi. L’attacco è l’urlo del Sè nel corpo.
Il messaggio è: fermati, cambia, non puoi andare avanti.
La terapia farmacologica.
Temo purtroppo che spesso “la pastiglia” funzioni da silenziatore. Come se mettessimo un bavaglio alle urla di un bambino. Sono urla che ci infastidiscono di certo e che fatichiamo a capire. Ma, non possiamo non occuparci di loro.
Dobbiamo interpretare il dolore dell’inconscio, dell’anima.
di: Renzo Zambello
Video: Attacchi di panico e psicoterapia
Articoli sullo stesso tema: attacchi di panico e psicoterapia
http://www.psicoterapiadinamica.it/2009/12/attacco-di-panico-sintomi-e-terapia/
Di Renzo Zambello il libro: “Ricordi e riflessioni di uno psicoanalista”. Edizioni Kimerik.
Contatti:
Lo studio del Dott. Renzo Zambello è in via Amico Canobio 7, CAP 28100 Novara. Cellulare 3472282733, Aperto dal lunedì al venerdì dalle ore 8 alle ore 19 .
grazie dottore ho letto con piacere molto interessante…..
Dott. Zambello, innanzitutto complimenti per il suo lavoro.
Io soffro da anni di attacchi di panico e non ho mai preso nulla.
Lei in merito dice che potrebbe non dipendere dalla chimica del cervello, e lo credevo anch’io, ma avendo appena finito di leggere un libro “La Strana Malattia” di Ligorio, mi sono ricreduta.
Voglio chiederle allora se è possibile che un ipersensibilita’ dei recettori della serotonina possa essere la causa dei sintomi legati all’ansia e nel mio caso dei miei frequenti attacchi di panico.
Premetto che in passato sono stata da diversi psichiatri e tutti mi hanno prescritti dei farmaci che io non ho mai preso.
Grazie
Non credo che mai, mai, sia solo una questione di “organico” come d’altra parte non credo sia una questione solo di “mente”, pensiero. Noi siamo sempre l’uno e l’altro. Quale sia poi la strategia per intervenire da un punto di vista terapeutico dipende da tantissime variabili. Non c’è quella giusta o sbagliata a priori. E’ sempre frutto di una ricerca da fare in due: paziente-terapeuta. Unica necessità: la mancanza di preconcetti.