Ipocondria ansiosa dilaga. Web e dottor House sono un incubo per medici e conti pubblici.
Ipocondria ansiosa, una nevrosi italiana. Chi l’avrebbe detto? Gli italiani, un popolo di ammalati di ipocondria ansiosa. Malati immaginari che cercano su Internet la causa dei loro doloretti, che affollano le anticamere dei medici di base, in fila alle farmacie carichi di prescrizioni. Malati immaginari sempre pronti a trasformare una febbriciattola nell’annuncio della fine. E che per questo costano allo Stato 4 miliardi all’anno, come spiega il senatore Antonio Gentile, Pdl, della commissione finanze di Palazzo Madama. «La metà di questi soldi vengono spesi per risonanze magnetiche, Tac, esami di Ecg inutili mentre l’altra metà viene spesa in visite specialistiche convenzionate».
Come Verdone nel film
E tra le patologie più temute ci sono i tumori (38 per cento), le malattie cardiovascolari (34 per cento), le malattie mentali e neurodegenerative (22 per cento). Un problema che causa certamente sofferenza e che annovera tra le sue vittime anche molti nomi noti, a iniziare da Carlo Verdone che proprio in uno dei suoi film più famosi. «Maledetto il giorno che ti ho incontrato», porta sullo schermo una coppia di ipocondriaci (lui e Margherita Buy) destinati a innamorarsi. E la battuta «Copro tutto, fino al delirio schizoide», è ormai diventata un cult tra gli ipocondriaci confessi. E da Wikileaks abbiamo saputo che anche Gheddafi è della partita e che si porta in giro, sempre, un’infermiera oltre a filmare tutti i suoi controlli medici.
Ipocondria ansiosa e boom di allucinazioni
Per la verità il problema non è solo italiano, visto che negli Stati Uniti l’ipocondria affligge un americano su 20 e costa 150 miliardi di dollari all’economia. E qualche giorno fa i ricercatori dell’Università di Stanford hanno pubblicato l’esempio delle allucinazioni. Su un campione di 13.057 persone, scelto tra Regno Unito, Germania e Italia, rappresentativo di 150 milioni di europei, ben il 16,3 per cento aveva allucinazioni occasionali. «Eppure – scrivono i ricercatori – ancora oggi molti si attardano a fare diagnosi sulla base solo di questo sintomo che può essere patognomonico (indica cioè la certezza della malattia, ndr). Un sintomo può anche non significare nulla, specialmente nelle età di transizione»
L’era di Internet
E nell’era di Internet soffrire di ipocondria ansiosa è sicuramente più facile, visti gli strumenti a disposizione, come l’applicazione per I-phone che regala diagnosi in base ai sintomi che si digitano. Una ricerca ci dice che oltre 16 milioni di italiani cercano informazioni sanitarie su Internet. Molti di loro, e sempre di più, lo fanno in modo compulsivo, convincendosi, alla fine, di essere malatissimi. E sembra che le serie televisive piene di camici bianchi e ospedali – in testa dottor House, il genio delle diagnosi impossibili – non aiutano a placare l’ansia dei malati immaginari.
I comportamenti dell’Ipocondriaco.
Secondo uno studio dell’Università del Rhode Island gli appassionati del genere possono mettere in atto comportamenti di eccessiva attenzione per la loro salute. Ma guai a definire qualcuno «ipocondriaco», tanto che Verdone ha spiegato in un’intervista di non sentirsi affatto tale quanto piuttosto un «cultore della materia». Dice Verdone: «Io studio la sera, leggo libri, mi documento su Internet, ascolto specialisti». Tanto, afferma, da avere salvato la vita ad almeno cinque persone mandate dal medico «a calci nel sedere». «Non per vantarmi, ma sarei stato un grande medico di famiglia».
Di: MARIA CORBI
Commento del Dott. Zambello
La giornalista mette in risalto alcuni dati economici sul costo della ipocondria ansiosa. Ne risulta un danno economico enorme. Ciò che non emerge dall’articolo è che l’ ipocondria ansiosa è una “malattia”, una nevrosi che obbliga le persone a vivere malissimo, a non vivere. Allora il problema non è semplice, perché effettivamente queste persone stanno male.
L’ipocondriaco sta male
Poco importa se fisicamente o psicologicamente. Stanno male, a volte malissimo. In più, l’ipocondria è una nevrosi che tende a cronicizzare se non a peggiorare nel tempo. Certo, la soluzione non sono la Tac o la Risonanza o altri esami ma, una risposta a questi disagi, bisogna pur darla o, per lo meno, cercarla. Ed è in questo che lo Stato sembra essere totalmente incapace a capire. Non è togliendo i servizi o colpevolizzando che risolvi un disagio.
L’ipocondria ha radici antichissime nella persona e investe tutto il Sé. Solo una risposta che colga tutto il paziente, nel suo sintomo ma soprattutto nella sua psiche lo potrà aiutare.
Video: L’ipocondria e Psicoterapia
Di Renzo Zambello il libro ” Ricordi e riflessioni di uno psicoanalista “ Ed. Kimerik
Contatti:
Lo studio del Dott. Renzo Zambello è in via Amico Canobio 7, CAP 28100 Novara. Cellulare 3472282733, Aperto dal lunedì al venerdì dalle ore 8 alle ore 19 .
Piagnucolavo un giorno e mia madre stufa di sentirmi mi rimproverò severamente dicendomi molto semplicemente da donna ignorante ma saggia:”Finiscila che non hai nulla abbiamo tutti il sangue buono noi qua!”(avevo mal di testa e forse volevo la sua attenzione).Sono passati quarant’anni circa e adesso capisco quanto cattiva era stata evitandomi ma quanto salutare per me questo suo modo di fare! buona giornata!
Augusta, giustamente, mette in risalto che l’intervento della madre, soprattutto dopo i primi mesi, non deve essere necessariamente di totale aderenza, collusione con le fantasie del bambino. Anzi, é compito dei genitori, limitarli, chiaramente, riconoscendoli.
Il bambino ha per costituzione fantasie “onnipotenti” senza limiti. Il compito dei genitori è proprio quello di ridimensionarli pur riconoscendoli. Faccio un esempio, Il bambino dice alla mamma, “Mamma quando sarò grande voglio fare l’astronauta”. “Si bene” risponde la mamma, “sono contenta, ma ora, vai a fare i compiti, altrimenti domani prendi una nota”. La madre riconosce, non frusta preventivamente le fantasie del figlio ma, gli mette dei paletti, gli da degli elementi di realtà: i compiti.