Psicoanalisi Junghiana
La psicoanalisi junghiana si annovera con quella di Freud e Adler alle tre grandi scuole del pensiero psicoanalitico.
E’ importante sapere che sia Adler che Jung furono “allievi” di Freud, anche se il termine allievo è, almeno per Jung, non è appropriato. Forse “collega” si avvicina di più al vero. Comunque per circa dieci anni, a partire dai primi anni del 1900, lavorarono assieme, in una forte sintonia culturale e di ricerca.
Nel 1911 Adler fu allontanato in malo modo dal gruppo psicoanalitico, quasi come un indegno. Jung continuò a collaborare con Freud per alcuni anni, finché nel 1913 abbandonò Freud e il suo gruppo come conseguenza della frattura creatasi alla pubblicazione del suo libro,1912: “ Simboli della Trasformazione”.
La psicoanalisi Junghiana come evoluzione da Freud
Contrariamente a quanto generalmente si pensa, Jung non ha mai censurato né il lavoro di Adler né tanto meno quello di Freud, anzi, si è sempre posto il problema di dimostrarne la loro validità.
Ciò che contestava era il presupposto teorico, l’idea che ciò che si era fin allora scoperto sulle dinamiche psicologiche, fosse universale ed unico: fosse la Verità.
Scrisse in “Psicologia dell’inconscio” (1942), è vero ciò che dice Freud a proposito della rimozione dell’Eros, ma l’attività psichica non è solo quello, anzi ciò è solo una piccola parte.
Il pensiero Junghiano.
La Psicoanalisi Junghiana è caratterizzata fondamentalmente da tre elementi:
–il rapporto paziente terapeuta,
-l’individuazione
-il concetto di simbolo e archetipo.
Differenze tra la psicoanalisi freudiana e quella junghiana.
Una delle immagini che per tanto tempo ha caratterizzato l’attività psicanalitica freudiana fu quella di paragonare lo psicoanalista ad un telo bianco. Il paziente proiettava i suoi pensieri, emozioni e l’analista li rifletteva, li rimandava al paziente rimanendone totalmente neutro.
Jung parla invece di co-infettarsi, farsi “infettare” dal paziente . In “Psicologia e alchimia” descrive in maniera metaforica il rapporto psicoterapeutico utilizzando i miti dell’alchimia. Per lui il rapporto terapeutico è una co-fusione paziente-terapeuta, all’interno dello stesso crogiolo. E’ questa la condizione prima ed essenziale per la ricerca della verità del paziente, della sua realizzazione del Sé, che chiamerà “individuazione”.
Ruolo del terapeuta.
A riguardo del suo ruolo del terapeuta Jung, scrive più volte: “io sono un empirico, non un filosofo, né un teologo, ma un medico psichiatra che lavora con i suoi pazienti ed osserva e sperimenta”. E’ chiaro per lui che tale modo di procedere come scrive in “Psicologia dell’inconscio“, non ha niente a che vedere con la scientificità di Galileo.
Il paziente nel setting della Psicoanalisi Junghiana
L’oggetto: il paziente, non può mai essere staccato da chi osserva che invece una delle condizioni galileiane ma, tra l’uno e l’altro ci deve essere una interazione. Diremmo ora noi, senza più scandalizzarci: un rapporto . Tale rapporto ha un unico scopo: l’individuazione del paziente.
Struttura sel Sé nella Psicoanalisi Junghiana
Jung ha in mente una struttura psicologica dell’uomo molto più complessa di quella di Freud e per descriverla parte proprio dall’osservazione di Freud ed Adler e di ciò che fino ad allora avevano scritto e dice che quello che hanno detto Freud ed Adler è fondamentalmente vero. Eppure uno parla di rimozione dell’ eros, l’altro di volontà di affermazione. Perché hanno ragione entrambi? Perché, dice lui, la personalità di Freud e quella di Adler, sono complementari.
Freud è complementare ad Adler, perché il primo è un estroverso, l’altro, un introverso.
Introduzione da parte di Jung del concetto di “Tipi psicologici”.
Jung fece un lungo studio sui tipi psicologici, con lo scopo, come dice Trevi, “di liberare il più possibile dalla qualifica di patologico un vasto settore della fenomenologia dell’umano”. Introduce così il concetto della dualità in ogni personalità. E’ il concetto del doppio, del chiaro e dell’ombra, del maschile e del femminile, dell’introverso e dell’estroverso, del bene e del male. Non siamo mai tutto maschio o tutta femmina, santi o diavoli, introversi o estroversi.
C’è sempre dentro di noi, nell’inconscio, l’altra parte del manifesto, del conosciuto: “l’ombra”.
L’individuazione come risultato dello svelamento.
Fin tanto che questa parte rimane non conosciuta, rimossa, anche una quota della nostra energia vitale, ciò che lui chiama libido, non può esprimersi ed é la nevrosi . Il compito del terapeuta in una psicoanalisi junghiana non è quello di stabilire col paziente un rapporto con la parte esposta ma con quella rimossa. Solo una comunicazione tra preconscio a preconscio (come dice Lopez),o meglio, tra preconscio del terapeuta e l’ombra del paziente, favorirà l’individuazione.
Scopo della psicoanalisi junghiana
Un altro dei cardini fondamentali della psicoanalisi junghiana è la dottrina del simbolo. Il simbolo è la sintesi di elementi culturali, personali consci e inconsci, opposti altrimenti non conciliabili.
Il simbolo
Per Jung il simbolo è il vero motore del divenire psichico dell’uomo. Pensiamo ad esempio ai simboli religiosi, al simbolo della madre, del padre, della patria e ancora ai simboli sessuali.
Dice Entwurf, “il simbolo è il progetto che, ri-assumendo in una unità il passato, permette l’apertura dell’esistente nel suo futuro“.
Il simbolo per la sua struttura è l’elemento sintetizzante nell’inconscio della parte personale, soggettiva e della parte culturale, trans-personale, collettiva ed oggettiva . Rispetto a questo concetto del simbolo, il processo di individuazione consiste allora in due processi parziali e complementari: Differenziazione e integrazione.
La differenziazione dell’Io
Il cammino verso l’Individuazione e in fondo una continua tensione verso la differenziazione dell’Io. Una lotta contro la forza plasmatrice delle istanze collettive, agenti sia a livello cosciente che inconscio e nel contempo. Una integrazione degli aspetti bipolari del simbolo. I movimenti del Sé verso l’individuazione, proprio perché sottoposti alla forza del simbolo che è in se bipolare, non saranno mai movimenti di tipo lineare, dal basso verso l’alto, dall’inconscio verso il conscio come pensava Freud, ma continui movimenti oscillanti e che pur tendono verso una direzione: l’individuazione.
Scopo delle psicoanalisi junghiana.
La psicoanalisi junghiana è uno dei mezzi che favoriscono l’individuazione.
Ce ne sono tanti altri basti pensare all’arte, forse anche una certa risposta religiosa che rimane, forse, la via privilegiata per superare un blocco libidico: la nevrosi.
di: Renzo Zambello
Articoli sullo stesso tema:
http://www.psicoterapiadinamica.it/2012/01/sincronicita-debolezza-dellio/
http://www.psicoterapiajunghiana.com/psicoterapia-e-spiritualita/
Di Renzo Zambello il libro: “Ricordi e riflessioni di uno psicoanalista”. Edizioni Kimerik.
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Lo studio del Dott. Renzo Zambello è in via Amico Canobio 7, CAP 28100 Novara. Cellulare 3472282733, Aperto dal lunedì al venerdì dalle ore 8 alle ore 19 .
Concordo con il vostro articolo, io ho seguito un’analisi di tipo tradizionale e mi sono trovata bene.Ammetto pero’ che in alcuni punti c’e’ un intoppo.
Grazie Dottore, lei è molto chiaro e culturalmente stimolante.