Mi piace il contatto epistolare con i lettori . Così, alla ripresa dell’attività vi propongo questa domanda fatta sul Guestbbok da Alberto che, a mio parere, coglie una importante questione teorica.
Domanda sulla teoria psicoterapeutica
Buongiorno. Sono uno studente di psicologia, non so se questo spazio è adatto, ma volevo porle una domanda di carattere teorico, relativa però anche alla pratica della psicoterapia. Leggevo riguardo alle varie teorie dell’attaccamento, e mi sono imbattuto nelle ricerche sull’ ” area critica” dove gli avvenimenti dei primi anni di vita strutturano in maniera fondante il modo di relazionarsi del bambino, che poi dovrebbe mantenere queste modalità per il resto della vita. Mi sembra un concetto che ha delle implicazioni molto scoraggianti, visto il suo senso deterministico, ma che mi sembra abbastanza plausibile… Leggendo poi molti autori rilevano che alcune patologie gravi, come per esempio quella borderline, trovano origine proprio in quei primissimi anni di vita, e queste persone poi appunto riferiscono di avvertire un senso di fatalismo o di “destino ineluttabile”. Volevo sapere, ammesso che questo punto di vista sia accettato dalla comunità scientifica, come è possibile intervenire durante un trattamento in modalità relazionali così antiche, in un periodo dove non si è nemmeno sviluppato il linguaggio? Grazie
Risposta del Dott.Zambello:
Gent.mo Alberto,
questo è uno spazio clinico. Mi fanno sempre molto piacere gli apporti teorici. In fondo non ci può essere la clinica senza una ricerca.
Lei pone una domanda, una questione molto importante da un punto di vista della pratica terapeutica. Direi che è il punto dove si distingue la psicologia comportamentale dalla dinamica. La prima dice, là dove non c’è memoria né volontà, non si può entrare né far niente. L’altra, la dinamica sostiene che lì dove ti sembra non ci sia niente, in realtà ci sono le energie più potenti con le quali facciamo i conti: le pulsioni. Sto chiaramente parlando dell’inconscio.
Dove sta l’inconscio?
L’inconscio per la psicoterapia comportamentale è un box nero da non aprire, la dinamica pensa che nulla serve se non si viene in contatto e non si conoscono le pulsioni. Come diceva Freud: non si diventa padroni a casa propria.
Per la verità, la teoria dell’attaccamento di John Bowlby si pone in bilico fra le due posizioni. Ad esempio la questione che tutto si determini nei primi anni di vita era già un concetto Kleiniano, dove per altro, la Klein riteneva che il tempo dove tutto si determinava, fossero i primi sei mesi di vita. Se è interessato, si legga “Invidia e gratitudine”.
Lei dice: ma allora che serve la terapia, che spazi ha? Questa è la grande “presunzione” della terapia psicoterapia dinamica, la psicoanalisi. Entrare attraverso il sogno, il transfert, le libere associazioni, il lapsus etc, dentro quel box nero e permettere che avvenga qualcosa che 20, 30, 40 anni prima non era avvenuto, si era bloccato. Questo è il compito della psicoanalisi. L’analisi non aggiunge niente a quello che uno già ha o non ha ma, come un enzima, permette processi che si erano bloccati. Aiuta il paziente, come scriveva Jung, a diventare se stesso, a individuarsi.
Buon studio.
Contatti:
Lo studio del Dott. Renzo Zambello è in via Amico Canobio 7, CAP 28100 Novara. Cellulare 3472282733, Aperto dal lunedì al venerdì dalle ore 8 alle ore 19 .
Del dott. Renzo Zambello il libro: “Ricordi e riflessioni di uno psicoanalista” Ed: Kimerik