Invidia e gratitudine:
Il lavoro della Klein, ” Invidia e gratitudine “, iniziato negli anni venti non si è discostato fino agli anni 35- 40 dal modello freudiano. In seguito i suoi scritti sulla posizione depressiva e quella schizoparanoide e il suo libro Invidia e Gratitudine (1957) hanno definitivamente segnato le differenze fra lei e Freud.
Per la verità fin dalle sue prime osservazioni con i bambini la Klein metteva in evidenza come le immagini interne che i bambini avevano dei loro genitori erano più feroci e crudeli di quanto fossero i genitori reali e riteneva che queste venissero distorte da fantasie sadiche.
Il mondo interno
Nel suo libro Invidia e Gratitudine la Klein sviluppa quindi il concetto di mondo interno, o meglio di oggetti interni che sono ben lungi dall’essere una replica del mondo reale esterno.
Mondo interno e mondo esterno nel bambino, dice la Klein, sono il prodotto di meccanismi di introiezione e di proiezione attivi fin dall’inizio della vita.
“Io” kleiniano
Il concetto di “Io” kleiniano è il suo arricchimento, è il risultato di oggetti introiettati e l’impoverimento di questo, è l’esito di proiezione di questi oggetti nel Super-io.
Secondo la Klein la prima relazione che il bambino ha con il mondo esterno è dominata da rappresentazioni interne innate. Gli sforzi che il bambino fa sono caratterizzati o dalla scissione, attribuendo ad uno oggetto, idealizzato, ogni aspettativa di bontà, amore, piacere oppure trasformandolo in persecutorio e quindi potenzialmente portatore di dolore, angoscia e cattiveria.
La labile vita mentale del bambino rende possibile la facile trasformazione di un oggetto buono in cattivo, tenendo poi conto che la percezione iniziale del bambino è sempre univoca introiettando quindi una sola delle caratteristiche, o buono o cattivo.
La posizione schizoparanoide
La Klein descrive poi l’elaborazione della posizione schizoparanoide come presupposto al raggiungimento della posizione depressiva. Durante tale posizione il bambino diverrà capace di percepire la madre come un oggetto intero, con parti buone e cattive, e ciò gli rende possibile farsi una ragione della propria capacità di amare e odiare lo stesso genitore.
Interno ed esterno klieniani
Il conseguimento di questa posizione è inteso come il processo centrale dello sviluppo del bambino. Per la verità i critici della Klein contestano alla stessa di essere poco chiara in questo passaggio fra l’esterno e l’interno. Le contestano di non spiegare bene come avviene questo passaggio tra l’oggetto e l’accettazione della sua ambivalenza interna.
Senso di colpa
La scoperta di questa ambivalenza stimola nel bambino l’esperienza del senso di colpa per l’ostilità provata per un oggetto che viene riconosciuto come buono e amato con conseguente timore di perdita.
La Klein chiama tutto questo processo, già molto evoluto rispetto ai precedenti, angoscia depressiva. L’introiezione dell’oggetto avviene attraverso varie tappe, tra queste la Klein individua l’invidia primaria o primitiva.
La pulsione aggressiva.
La descrive come una forma particolarmente maligna di aggressività innata riferibile all’assunto freudiano di “pulsione aggressiva” usato in termini oggettuali. Infatti l’invidia, diversamente da altre forme di aggressività rivolte a oggetti percepiti come cattivi, è rivolta ad un oggetto buono, con conseguente depressione che è una prematura espressione dell’angoscia depressiva. Il bambino non tollera che sia la madre a gestire l’oggetto buono tanto desiderato, dalla quale lui per altro è totalmente dipendente.
Distruzione dell’oggetto buono.
Se il livello di invidia è eccessivo, questa può spingere il legame con l’oggetto buono verso la distruzione, col risultato di una idealizzazione del Sé sprezzante e onnipotente. L’oggetto è coartato all’interno di un Super-io primitivo che tenderà ad essere sempre più rigido, impedendo una elaborazione della posizione schizoparanoide. Le conseguente evoluzione sarà verso forme di stati confusionali in cui non si differenzia più l’amore dall’odio.
Dice la Klein che
“In contrapposizione al bambino che per colpa dell’invidia non è stato capace di costruire in modo valido l’oggetto interno buono. Il bambino che possiede una grande capacità di amore e di gratitudine stabilisce un rapporto ben radicato con l’oggetto buono. Il bambino è in grado di superare senza grave danno quegli stadi di invidia, di odio, di dolore temporanei. Quando questi stati negativi sono transitori, l’oggetto buono viene riguadagnato ogni volta.
L’adulto
Col passare degli anni il rapporto con l’oggetto buono diventa punto di riferimento per lo sviluppo verso le persone in particolare nella capacità di amare dell’adulto.”
L’affermazione kleiniana relativa alla natura innata dei primi oggetti e la loro indipendenza dagli oggetti reali è stata criticata da Bion e Balint che rimproveravano alla Klein. Le contestano di essere troppo concentrata su ciò che accade all’interno del bambino più di quello che accade fra i due, bambino-madre e madre-bambino.
In realtà, la Klein riconosce che i genitori possono correggere, attenuare l’angoscia che deriva dalle tendenze costituzionali del bambino.
Afferma che quando l’oggetto, la madre, non è capace di fornire un adeguato contenimento dell’aggressività distruttiva del bambino, l’Io rimane debole. Il bambino mette in atto riparazioni fantasmatiche o maniacali, oppure continua a permanere la regressione a posizioni schizoparanoidee.
Ne consegue che secondo il modello della Klein la malattia mentale è il predominio della posizione schizoparanoide mentre la salute è la stabilizzazione della struttura depressiva.
Ambedue i risultati sono il prodotto della copia madre-bambino
la Vegetti Finzi,
Ed infine, come dice la Vegetti Finzi, la Klein non fa risalire il conflitto edipico al momento della fase fallica, infatti i suoi fantasmi inconsci sono innati, preesistono ad ogni esperienza. Nel patrimonio istintuale del neonato è compresa una rappresentazione arcaica della coppia parentale. Si tratta di una figura il cui contenitore femminile possiede dentro di sé il padre, il pene, il seno, i bambini.
Credo che per noi junghiani tutto questo non solo sia comprensibile ma ci conferma in molte delle nostre teorie.
Nella pratica, caso clinico.
Una paziente 50enne, reduce da uno scompenso psicotico con deliri religiosi, in terapia farmacologia, appena entrata nello studio iniziava a parlare dicendomi: “Che brutto tempo. Temo che nevichi ancora. Però, che schifo! La neve è bella quando scende ma poi c’è sporco dappertutto. Sono tutte le porcherie che produciamo, cammini in mezzo alla sporcizia…”
Considerazioni
In questo inizio di seduta c’è, forse, tutta la tematica Kleiniana.
Partirei da questa sua ultima affermazione: si trova in mezzo alla sporcizia.
Cosa si aspetta? Cosa mi chiede? Nulla. Non si aspetta nulla di buono. Il tempo è brutto, nevicherà ancora, le cose possono solo peggiorare.
Lo dice a me.
Sicuramente c’è un transfert di sentimenti persecutori.
Sicuramente anche io le ho dato qualcosa che le era sembrato inizialmente bello e buono. È scattata una idealizzazione: la neve, il latte, scende dal cielo, è prima candida, bianca e poi la delude e diventa cattiva e sporca.
Alcune domande
Tutto questo perché? Perché una cosa bella, bianca, pulita, buona si è trasformata in cacca?
Il paradigma della Klein sembra insufficiente a descrivere come questo sia avvenuto dentro di lei.
È lo schema freudiano che ci aiuta. È come se la paziente mi avesse detto: qualsiasi cosa che tu mi dai o mi hai dato, io lo trasformo in cacca che evacuo ovunque, sporcando me e te.
Il messaggio transferale è il definirmi totalmente impotente a fronteggiare la sua onnipotente e coatta possibilità di deteriorare e poi sporcare, chiusa ineluttabilmente all’interno di un circolo cibo-cacca.
di: Renzo Zambello
Aricolo pubblicato anche su: http://www.psicolab.net
Di Renzo Zambello il libro ” Ricordi e riflessioni di uno psicoanalista “ Ed. Kimerik
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