Mi ammalo spesso, cosa posso fare?
Tante volte mi sento dire: Dottore, mi ammalo spesso, cosa devo fare? La verità è che se uno viene a chiederlo a me, teme, o per lo meno sospetta di soffrire di psicosomatizzazioni. Credo che non vi sia persona che non abbia un’idea di cosa siano le psicosomatizzazioni.
Tutti crediamo di sapere, se pur coltiviamo qualche dubbio sulla veridicità o meno dell’asserzione che vi sono malattie del corpo che “dipendono” dalla mente. I dubbi aumentano a seconda la gravità della malattia. Ad esempio, non muove nessun ostacolo pensare che un po’ di mal di stomaco possa dipendere ‘dal capufficio che ci sta col fiato sul collo’ o da problemi familiari. Diamo per scontato che un po’ di mal di pancia prima di un esame o di un incontro importante, sia “fisiologico”. Storciamo il naso però, se qualcuno relaziona un’ipertensione o un diabete ad un disagio psicologico. E, sicuramente, la stragrande maggioranza della gente si irriterebbe e prenderebbe un preventivo distacco da chi affermasse che l’infarto dipenda da problemi psicologici irrisolti. Ancor più che il tumore possa essere l’espressione fisica di un nucleo psicotico.
Eppure, se ci pensate, questo modo di ragionare è profondamente incoerente. Perché mai la mente potrebbe essere capace di far venire la diarrea aumentando la peristalsi intestinale, ma non possa creare vasospasmi che siano alla base di un infarto?
Le psicosomatizzazioni e la medicina.
L’incoerenza di cui sopra, non è solo una difficoltà di pensiero nel comune sentire ma è strutturata proprio nella medicina e forse anche nella psicologia. Ci basti pensare che il termine “psicosomatica” e relativo riconoscimento delle psicosomatizzazioni è scomparso nelle ultime edizioni del DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali). Nel contempo, la psicosomatica è sempre più presente nella ricerca e sono nati nuovi approcci clinici che contemplano una visione più globale dell’uomo. Ad esempio la PNEI, che misura la malattia con strumenti Psico-Neuro-Immuno-Endocrinologici.
La verità è che non possiamo non chiederci:
- Per quale motivo mi ammalo spesso?
- Ci ammaliamo di quella malattia e non di un’altra interessando un organo e non un altro, perché?
- Proprio in quel preciso momento della nostra vita, perché?
- Che rapporto esiste tra gli elementi stressanti e la malattia organica?
Fino agli anni ‘60 la psicosomatica ha vissuto un approccio un po’ troppo semplicistico. Alcune correnti psicologiche avevano teorizzato che fosse sufficiente “trovare” la causa psicologica, alla base di quel determinato sintomo organico, per superare la malattia.
Ma è stata solo un’illusione e ci si è accorti che non funzionava.
Oggi i modelli biomedici che descrivono l’uomo sembrano ripetere in maniera certa l’inscindibilità della psiche sul corpo e viceversa. Basti ricordare nel 2000 il premio Nobel a Kandel, medico psicanalista che, come ricercatore, si è sempre interessato delle basi biologiche di alcuni meccanismi cognitivi. Egli riuscì a dimostrare che, sebbene le strutture anatomiche, ad esempio i neuroni, si sviluppassero in base ad un piano predefinito, genetico, la loro forza ed efficacia non era totalmente determinata e poteva essere modificata dalla psicoterapia.
Le somatizzazioni nella storia della medicina.
Fa un certo effetto pensare che il termine “psicosomatico” entri nella medicina ufficiale solo nel 1930. Fu lo psicoanalista viennese Stekel che nel 1925 usò per la prima volta la parola “psicosomatizzazioni”. Le psicosomatizzazioni come le considerava lui, erano in realtà un meccanismo di difesa che permetteva di mantenere inconsci alcuni conflitti legati alla libido o alla aggressività. In sostanza, le psicosomatizzazioni di Stekel non erano molto diverse dalle “conversioni in organo”, ovvero, dall’isteria di Freud. In effetti la difficoltà a trovare una eziologia, cioè una causa e soprattutto una psicopatologia condivisa, ha spinto spesso gli studiosi a cambiare il nome ma la sostanza rimase la stessa. Basti pensare al soppiantato termine ‘Nevrastenia’ con ‘Sindrome da Fatica Cronica’. Ha ragione la Dott.ssa Claudia Pellegrini, Medico Psicoanalista della SPI quando scrive: “ Io non penso che si possa parlare di base organica per i sintomi mentali, né di base mentale per i sintomi organici. Piuttosto, esiste una eziopatogenesi multipla complessa per gran parte della patologia, cioè, le cause dell’ammalarsi sono genetiche e fantasmatiche e ambientali”. Da: Appunti di un Corso tenuto alla SPI nel 2013.
Genesi di alcune malattie.
Fino agli anni ’60, all’affermazione ” mi ammalo spesso “siamo stati tentati di dare risposte “psicogenetiche”, ossia, le psicosomatizzazioni erano da considerarsi come dei sintomi di disagi che avevano un’origine prevalentemente psicologica. Cadute le grandi aspettative, soprattutto su un piano clinico, i pazienti infatti, dopo “lo svelamento interpretativo”, non guarivano. Oggi, grazie anche alle scoperte neuro scientifiche, sono state messe le basi per nuove teorie con importanti risultati. Ad esempio: recenti scoperte sui neurotrasmettitori – il neurotrasmettitore è una sostanza che veicola le informazioni fra i neuroni, ossia le cellule che compongono il Sistema Nervoso – provengono in massima parte dall’intestino. Il 60% della patologia gastrointestinale ha una relazione certa con disturbi psichici. E ancora, l’ipertensione arteriosa è caratterizzata da una vasocostrizione periferica e non sembra avere una precisa base genetica, ma si accompagna spesso a stress ed ansia. Mentre, ad esempio, l’asma bronchiale che è caratterizza da una broncocostrizione, ha invece una base ereditaria con un interessamento di più geni e si accompagna spesso ad una depressione psichica.
Alcune considerazioni riassuntive sulle psicosomatizzazioni.
Abbiamo visto che il termine psicosomatico ha molti significati e rimane un termine indeterminato perché rimane l’impossibilità di definire una eziologia chiara di molti quadri psicopatologici. Persiste tutt’oggi la tentazione di una separazione dicotomica corpo-mente. A me piace molto l’asserzione di Trombini e Baldoni “ Non esiste alcuna malattia psicosomatica, appunto perché nessuna malattia è solo psichica o solo somatica”. Da: Psicosomatica. Ed. il Mulino (1999). Quindi, come operatori, poco importa se medici o psicologi, dobbiamo tenere presente sempre lo studio dei processi somatici su quelli psichici e viceversa. Aggiungerei: dobbiamo tenere presente sempre il contesto sociale in cui vive il paziente.
In fondo è vero che nelle psicosomatizzazioni la Medicina organicistica deve in prima battuta mantenere la sua centralità. Personalmente sono convinto che anche sintomi che hanno chiaramente una forte componente psicologica – vedi gli attacchi di panico o la depressione – devono prima di tutto avere una risposta organica. A sua volta, la medicina organicistica non può misconoscere la vita affettiva dei pazienti, il loro vissuto soggettivo e i loro tratti di personalità. Il medico deve sapere che una personalità rabbiosa è esposta a disturbi cardiaci e una personalità Alessitimica è correlata ai tumori.
Devo fare una psicoterapia, visto che mi ammalo spesso?
Le recenti scoperte di neurofisiologia hanno di fatto riconosciuto un grandissimo ruolo alla psicoterapia nelle psicosomatizzazioni. La psicoterapia infatti mira a modificare l’impalcatura emotiva del paziente spesso deformata e bloccata dai fantasmi infantili, modificando di fatto la stessa fisiologia del corpo.
Tutto ciò, come tutto in natura, avviene necessariamente in un tempo che è il tempo della biologia. Nulla è né automatico né veloce. Deve essere rispettata l’unicità del paziente soprattutto. Quindi alla domanda del paziente: Dottore, mi ammalo spesso, cosa devo fare? Lo psicoterapeuta può solo preparare il terreno e seminare. Il resto è nella potenza del paziente e in una Volontà che deve essere solo rispettata.
Di: Renzo Zambello
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Brano tratto dal libro: “Ricordi e riflessioni di uno psicoanalista” di Renzo Zambello ed Kimerik