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Domanda allo psicoterapeuta:


Buondì dottore, sono un artista non riconosciuto, autodidatta e fuori dagli schemi, un artista che dipinge non con i colori sulla tela, ma che dipinge utilizzando I colori delle parole sulla tela della relazione che ho con le persone, sì, la mia tela è la relazione sulla quale relazione creo la mia opera d'arte naif utilizzando parole, frasi, e idee espresse. Io non creo la relazione ma creo sulla relazione, esattamente come un pittore non crea la tela ma crea sulla tela. I pittori contadini naif hanno dimostrato di avere grosse carenze dal punto di vista relazionale, in compenso tutta la loro creatività la esprimevano dipingendo; io tuttavia riesco a parlare con le persone normalmente come un cittadino normale, poi quando mi sento che devo creare, come se fossi spinto da una forza interiore a me sconosciuta allora quella stessa relazione diventa la mia cosa sulla quale voglio agire e creare qualcosa di nuovo. Purtroppo ho poche tele, ehm scusi, ho poche relazioni sulle quali agire, ma non importa, me le costruirò da me. Arrivederci dottore.

Risposta del Dott.Zambello: Che bello, mi ha emozionato. Rinunci al riconoscimento degli altri. Non avverrà. Pitturi per per sé, viva le sue emozioni, basta.

Mi potrebbe mandare una foto sul mio numero wathapp. 3472282733

Non sono un esperto e tanto meno un commerciante d'arte, la vorrei solo conoscere nella sua espressione artistica. Grazie


Aggiunto: Marzo 13, 2020
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Domanda allo psicoterapeuta:


Buonasera, grazie per aver risposto alla mia domanda. Ma cosa posso fare se non ho nemmeno più speranza nella vita?

Risposta del Dott.Zambello: In questo momento, la speranza e la soddisfazione nella vita uno la dovrebbe trovare nell'essere in salute.
Quando apre gli occhi al mattino, il suo primo pensiero sia: grazie.


Aggiunto: Marzo 9, 2020
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Domanda allo psicoterapeuta:


Ciao mi chiamo Cristina ho 34 anni. io vorrei capire perchè attivo la proiezione a lavoro. da una settimana ho iniziato una prova in uno studio. mi succede che attivo il pensiero critico e mi viene l'ansia. poi mi sforzo per mandarlo via e mi sconcentro inizio a fare errori, e proietto i sentimenti di nervosismo a altri e mi viene la paura che possano trattarmi male. Mi blocco poi aspettando che gli altri mi diano un modo di approvazione a quello che penso ma non è la realta. io così mi precludo tante cose. e vivo male. Ho letto che la proiezione è un meccanismo di difesa. ma da cosa mi difendo? forse dal mio essere così cattiva verso di me? però poi gli altri vedono che forse non va qualcosa. io non voglio incolpare nessuno come faccio a disinnescare la bomba??

Risposta del Dott.Zambello: Chieda aiuto ad un medico psicoterapeuta.
A mio avviso, nel suo caso, è importante che il terapeuta sia anche un medico.


Aggiunto: Marzo 7, 2020
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Domanda allo psicoterapeuta:


Mi sento perseguitato dalla vita, sconfitto, finito, abbandonato anche da Dio; cosa mi può trattenere dal pensare di farla finita?

Risposta del Dott.Zambello: La vita.


Aggiunto: Marzo 7, 2020
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Domanda allo psicoterapeuta:


Dottore tempo addietro le ho scritto parlando di come mia madre e mio padre mi hanno cresciuto da donna e non da uomo, tant'è che oggi mi sento a metà, un angelo senza sesso.
Ho sempre pensato che nella mia testa mio padre fosse un omosessuale latente: avermi dato una educazione femminile, la sua continua caccia di sesso con le donne secondo me dovuta ad affermare il suo essere uomo, il suo imbarazzo a stare in mezzo agli uomini, nel guardare gli uomini virili e muscolosi, il suo imbarazzo a stare nudo in uno spogliatoio maschile con tanto di acrobazie per non farsi vedere nudo.
Stanotte ho fatto un sogno: ho sognato che beccavo mio padre a fare sesso orale con un ragazzo, che lui aveva visto me che l'avevo beccato ed era imbarazzato e negava il fatto evidente.
Che vuol dire questo sogno? (O se non può rispondere perché non ha abbastanza elementi, cosa sono i sogni?)

Risposta del Dott.Zambello: Ha ragione Francesco, un'interpretazione al di fuori di un rapporto terapeutico non ha alcun senso e valore
D'altra parte lei ha già capito tanto di suo padre, o almeno pensa, che non ha bisogno di conferme.


Aggiunto: Marzo 7, 2020
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Domanda allo psicoterapeuta:


Lei scrive ad un utente... Noi esistiamo perché gli altri ci riconoscono.
Le domando: Ma gli altri non ci riconoscono se siamo noi a riconoscerci??
Una seconda domanda: ma finiremo per estinguerci con questo Corona virus tipo il film io sono leggenda con Will Smith??
Grazie

Risposta del Dott.Zambello: Buon giorno
Noi siamo esseri sociali. Fin da piccoli la percezione di noi stessi passa attraverso il riconoscimento della madre. Dice la Klein: "il bambino si riconosce negli occhi della madre."
Gesù stesso, vero uomo, come dice il Vangelo, chuede ai suoi apostoli: «La gente, chi dice che io sia?"
Siamo come le cellule di un tessuto: gli altri ci devono riconoscere, se ciò non avviene siamo nel patologico.
Certo, ognuno deve riconoscere se stesso, un una forma che diventa dialettica: io esistono perché tu mi riconosci, ma tu mi riconosci perché io esisto.
Mi perdoni ma sul Corona virus non ne so più di lei.
Le dico una mia sensazione: finirà tutto con l'avvento della stagione calda.


Aggiunto: Febbraio 22, 2020
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Domanda allo psicoterapeuta:


Buonasera,
mi chiamo Francesco e ho 38 anni anche se mentalmente mi sento un  bambino di 3 anni, 3 anni perché sono cresciuto con un padre padrone e vivo ancora in casa non avendo una stabilità economica.
Ancora oggi mio padre condiziona la mia vita e purtroppo lo devo assecondare perché se non lo faccio diventa violento sbattendo oggetti per aria. La cosa però che mi dà rabbia e che quando si fa come dice lui e poi le cose non vanno nel verso giusto, la colpa è mia e mi critica pesantemente. Volevo chiedere se mi ritrovo davanti  un padre schizofrenico o di un narcisismo patologico.
 Ne sto parlando con uno psichiatra  però quando parlo di questo in seduta, dopo la seduta mi sento non sereno, come se avessi preso del fango e me lo fossi spalmato addosso, perché soffro di parlare male di mio padre. Però se non lo faccio, non mi miglioro.
Perché secondo lei provo vergogna? (lo so che lei non mi conosce ma se mi darebbe un input ne sarei felice)

Risposta del Dott.Zambello: La vergogna nasce dalla colpa. Lei si sente in colpa perché coltiva pensieri negativi nei confronti di suo padre. E perché non dovrebbe?
Lei però non può chiedere a suo padre di essere diverso da come è. Deve crescere lei. Farsi aiutare, trovare il modo di uscire, crescere.


Aggiunto: Febbraio 21, 2020
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Domanda allo psicoterapeuta:


Grazie a lei che mi ha permesso di scrivere tutto questo nel suo spazio senza chiedere nulla in cambio, per me è un onore, complimenti per tutto il suo lavoro, e per l'uomo nuovo che rappresenta. Un caro saluto e grazie ancora

Aggiunto: Febbraio 15, 2020
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Domanda allo psicoterapeuta:


Il rapporto con gli altri è cambiato in meglio, e anche con mia mamma, mi piace stare con gli altri, in particolare con le persone di sesso femminile.

Risposta del Dott.Zambello: Complimenti per il suo lavoro.


Aggiunto: Febbraio 15, 2020
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Domanda allo psicoterapeuta:


Buongiorno, vorrei esporle la mia situazione per chiederle un parere.
Ho trent'anni, mi sono diplomato dieci anni fa e, a causa dei miei problemi psicologici (asocialità, depressione, fobia sociale, ecc.) non ho proseguito gli studi.
Sempre per colpa dei miei pesanti problemi psicologici, in questi anni non ho quasi mai lavorato (non per mancanza di voglia, ma proprio perché psicologicamente per me è difficile). Adesso sto facendo psicoterapia e sto faticosamente cercando di rimettere in sesto la mia vita.
La mia situazione attuale è la seguente: trent'anni, diplomato, con pochissima esperienza lavorativa.
Dato che ho sprecato trent'anni di vita, voglio costruirmi un futuro migliore e sto faticosamente cercando di rimettere in sesto la mia vita; non è facile e spesso ho dei momenti di sconforto. Tuttavia, voglio provare a salvarmi.
Da qualche tempo sto pensando che, per riuscire ad avere una prospettiva lavorativa migliore, potrei valutare di iscrivermi all'università; la mia idea sarebbe quella di orientarmi verso una laurea in ingegneria gestionale, non fermandomi alla triennale ma andare avanti con la magistrale (per essere più “allettante e competitivo” sul mercato del lavoro). La mia domanda è questa: secondo Lei, ha senso iscriversi all'università a trent'anni e, se tutto va bene, laurearmi a 35 anni?
Oppure è meglio rinunciare?
Ovviamente, se dovessi iscrivermi all'università, cercherei di lavorare part-time (in un’ottica contributiva e per avere un minimo di sostentamento in modo da non pesare al 100% sui miei genitori).
Sono in crisi e ho un bisogno di un consiglio.

Risposta del Dott.Zambello: Gent. Mo Signore,
mi obbliga a risponderle invitandola a leggere il mio libro: "Ricordi è Riflessioni di uno Psicoanalista" Ed. Kimerik .
Mi scusi ma io ho vissuto una esperienza molto simile alla sua: mi sono iscritto a Medicina a 27 anni e durante l'università ho sempre lavorato.


Aggiunto: Febbraio 14, 2020
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Medico psicoterapeuta e psicoanalista


Dott. Renzo Zambello
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