Domanda allo psicoterapeuta:
Salve Dottore, mi presento sono Francesco ed ho 25 anni...Le scrivo perché girando su internet per avere informazioni sul perché sto attraversando questo difficile periodo ho fatto una ricerca dei dottori e cosi ho trovato lei...ora le spiego meglio:
Nel mese di maggio 2012 nel bel mezzo del cambio di stagione primavera/estate ho iniziato ad avere dei forti giramenti di testa come quando ci si abbassa per prendere qlk a terra e ci si rialza di botto. All' inizio pensavo che era la mia amata cervicale perché da radiografia fatta qualche mese prima la curva del collo era praticamente annullata (mi scusi il mio modo di spiegare la mia situazione)...feci fisioterapie per la cervicale e niente, andai dal mio medico di base che mi disse era sinusite così dopo una settimana di infusi e aerosol ancora niente...dopo Un mese ormai questi giuramenti sì collegavano a forte fitte dal tratto cervicale fino alla fronte...decisi di finirla con moment e aspirine e il mio medico di base mi mando' da un neurologo che abita non lontano dal nostro paese per una sospetta cefalea. APRITI CIELO! In 20 minuti mi fece la visita col martellino e mi disse cosa avevo....diagnosi: Cefalea tensiva e DAG - disturbo somatoforme(a me il dottore non disse NULLA tanto é vero che per capire quale era la mia diagnosi l'ho dovuta leggere sulla prescrizione ed il DAG l' ho dovuto cercare su internet) e quindi cura farmacologica con CITALOPRAM (inizio cura 20mg per i primi 8 gg poi a 40mg)...INFERNO totale gia da qualche ora dopo la prima assunzione (sono andato per il mal di testa e mi ha provocato con i bellissimi antidepressivi depressione e ideazioni di morte)...volevo smettere subito ma lui mi ha fatto continuare dicendo che se vedevo sul bugiardino il fatto delle ideazioni e altro era un possibile effetto collaterale....comunque oggi a distanza di quasi 2 mesi dall' ultima pillola di CITALOPRAM (ssri), dopo preciso 6 mesi scalando ogni mese 10mg e' possibile che mi ritrovo a combattere ancora con i sintomi di dismissione (ansia da paura e pure le ideazioni che ho avuto per tutto il periodo del trattamento mi accorgo che non sono più come prima ma vanno e vengono) quindi spero e voglio che ritorno la persona che ero prima...
Questi SSRI come si chiamano non li auguro nemmeno al mio peggior nemico perché è vero che inducono ideazioni (come in più discussioni denunciate su internet)...IO NON NE HO MAI AVUTE figuratevi che avevo paura della fine del mondo detto dai Maya ahah...
Ma è possibile che IN ALCUNI CASI, se al paziente NON gli è stata diagnosticata la depressione, l' uso di ssri provoca ideazioni perché ha come EFFETTO COLLATERALE la depressione stessa???
Dottore mi scusi la pappardella che ho scritto... nell' attesa almeno di una sua semplice risposta in merito le faccio tanti saluti..
Cordiali saluti Francesco
Risposta del Dott.Zambello: Gent.mo Signor Francesco,
le confesso che non ho capito bene cosa mi chiede. Se si tratta della conferma che gli antidepressivi danno in alcuni casi effetti collaterali anche sgradevoli, ha ragione, è così. In alcuni casi. La sua storia mi sembra abbia una trama un po' più complessa che uno stato depressivo, a mio giudizio andrebbe valutata con uno psicoanalista.
Aggiunto: Marzo 6, 2013
Domanda allo psicoterapeuta:
Gentile dott. Zambiello,
sono una ragazza di 30 anni, da qualche mese ho un blocco, non riesco ad andare avanti e ho interrotto la mia vita. Sono laureata con ottimi voti in psicologia, ho sulle spalle una formazione analitica di diversi anni, e mi sono fermata prima di iniziare la specializzazione in psicoterapia. La mia analista sostiene che io sarei un’ottima analista, ma il mio problema è questo; negli anni ho maturato la consapevolezza di essermi interessata a questo campo di studi per motivi personali, da un lato una grave situazione familiare, con un fratello psicotico, dall’altro una reazione di dover come “sopravvivere” a mia madre che è sempre stata una donna molto rigida e aggressiva. Al termine del liceo mi impose di segnarmi a una facoltà che non amavo, mi minacciò di diseredarmi e mandarmi via di casa, che se volevo studiare quello che mi piaceva me ne dovevo andare di casa e mantenermi da sola. Così iniziai ad avere crisi bruttissime, cercavo di piegare la mia volontà ma avevo continui sbalzi di umore. Mi fidanzai con un ragazzo più grande, e solo appoggiandomi su di lui riuscii a cambiare strada. Iniziai in quel periodo ad avere forti crisi depressive, e decisi allora di intraprendere un percorso psicoanalitico. Per il clima di instabilità e aggressività che regnava in casa, fui in seguito praticamente costretta ad andare via; andai a vivere con il mio fidanzato, ma la depressione si acuì. Mi chiedevo spesso come lui riuscisse ad amarmi in quello stato, poi, proprio quando iniziai a stare meglio, prossima a una laurea per cui ho combattuto con tutta me stessa, lui iniziò a dire che non mi amava più. Poche settimane dopo scoprii che aveva un’altra relazione. Da quando è finita questa storia, ho lottato con tutte le forze per completare ulteriormente il mio percorso di studi e ricostruire la mia vita. Sono tornata a casa, e sopportando il forte clima di instabilità, in soli due anni mi sono laureata in tempo con il massimo dei voti e ho ricostruito tantissime amicizie (nel periodo della relazione con il mio ex, a parte la psicoanalisi, mi ero praticamente isolata da tutti e tutto, dalla famiglia alle amicizie). Al tirocinio ho avuto grandi apprezzamenti, ma mi sono resa conto di una cosa. È come se non avessi mai realmente pensato a me, ai miei bisogni e a quello che realmente può appagarmi. Ho passato gli anni dai 19 ai 30 a lottare, a cercare si “esistere purchessia”, di capire le ragioni del mio star male, a spingere la famiglia a seguire il problema di mio fratello, che ho visto invece lentamente degradare sempre più nel tempo, dopo una serie di ricoveri, a cercare di costruire qualcosa che ho visto poi sempre fallire, a partire dal rapporto col mio ex. Anche la mia laurea ad oggi, la considero un po’ un fallimento, perché non mi permette di lavorare e guadagnare (immagino conoscerà i sacrifici del difficile e lungo iter della formazione terapeutica). Vorrei andare via di casa, avere una mia autonomia, e mi trovo così bloccata. Quest’anno mi sono segnata a un’altra facoltà, ma non riesco a studiare. Non mi interessa la materia, ad inizio corso ho avuto una bruttissima reazione psicosomatica e di stress, e sono stanca di studiare; inoltre mi torna sempre in mente la fatica fatta per arrivare al termine della prima laurea. Se potessi cambiare vita e campo di studi lo farei subito, ad oggi mi sembra praticamente di non sapere cosa significhi la parola soddisfazione in qualcosa. Non trovo lavoro, e mi spaventa molto il futuro, il pensiero di non avere una carriera che mi possa appagare e dare soddisfazioni; l’idea di dover iniziare daccapo però mi riempie di rabbia e stress, come se sapessi che ora, per la prima volta nella vita, sono veramente in grado di pensare solo a me stessa, ma che la mia vita è in ritardo. Se voglio recuperare il piano della soddisfazione nella carriera, dovrò essere dipendente da casa per non so quanti altri anni, e magari avrò difficoltà a creare una famiglia, cosa che ho sempre profondamente desiderato. Dall’altro conosco bene il peso dell’irrealizzazione, e di quanto sia difficile amare in coppia senza finire in una condizione di dipendenza se non ci si ama in primis da sé. La carriera in psicologia la rifiuto perché mi impone troppi sacrifici ed è come se mi legasse a un passato penoso e alla parte di me che si è sempre occupata degli altri per non aver potuto pensare prima a sé stessa. Inoltre, ormai non riesco più a capire cosa mi potrebbe appagare veramente.
Attualmente per prendere tempo, sto aiutando i miei genitori, con i quali c’è stata una ripresa del dialogo, al lavoro. Ma sono sempre parcheggiata nel limbo, quando penso a cosa sarà o cosa fare del mio futuro, sono spesso triste e stanca. La mattina mi sveglio sempre con pensieri di fallimento e pensando alla vita che hanno altre persone che conosco, che secondo me hanno raggiunto quello che avrei voluto costruire anch’io in questi anni. Dalla mia analista non voglio tornare, in quanto delusa; alla fine della storia col mio ex, ho avuto una rapidissima ripresa. Mi ero rivolta a lei per ricevere aiuto e in qualche modo lei sosteneva quel rapporto che mi faceva star male; stavolta ce la vorrei fare da sola insomma. So di avere una lieve condizione depressiva, ma non la considero tanto una ricaduta, quanto una demoralizzazione conseguente a una presa di coscienza. Cosa mi consiglierebbe di fare per cercare di venir fuori da questa condizione di blocco?
Risposta del Dott.Zambello: Gent.ma Dottoressa,
non lo sa lei, non lo posso sapere io. Sento tanta rabbia che si muove in maniera disordinata, mi verrebbe in mente un'analisi ma, strutturata, almeno due sedute alla settimana ma, lei mi ha già detto che non ne vuole più sentire parlare. Non lo so.
Aggiunto: Marzo 6, 2013
Domanda allo psicoterapeuta:
Salve DOC, ho 36 anni e da circa 8-9 anni prendo psicofarmaci.Adesso tramite il mio psychiatra sto diminuendo.Ma la mia domanda e' ben altro.Io non ho piu' attacchi di panico o ansia,ma ben si sono spesso nervosa internamente senza motivo specifico:!devil: .Non capisco proprio da dove viene questo nervoso interno , e poi come farlo passare.Mi potrebbe dare una risposta aiutante perfavore. Grazie mille . La saluto :o
Risposta del Dott.Zambello: Gent.ma Saby,
lei ha scelto di affrontare gli attacchi di panico, ansia, solo sul piano, organico, farmacologico. Le conviene rimanere su quel piano, non fare pasticci con approcci "pezza". Ne parli con il suo psichiatra e sicuramente troverà il modo per sedare questo esagerato stato di tensione a cui lei fa riferimento. Se invece decidesse di affrontare il suo disagio anche a livello psicologico, si dovrà trovare uno psicoterapeuta e, percorrere con lui/lei un cammino di consapevolezza interna a volte anche, un po' faticoso e lungo. Mi creda, scappatoie o scorciatoie, non ce ne sono.
Aggiunto: Marzo 5, 2013
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Pseudonimo: giopi
Pseudonimo: giopi
Domanda allo psicoterapeuta:
Egregio Dottore perché si deve programmare la fine della psicoterapia, cioè la conclusione definitiva? Dopo la conclusione definitiva si possono aver contatti con lo/la psicoterapeuta?
Grazie
Risposta del Dott.Zambello: Gent.mo Signor Giopi,
la psicoterapia è un rapporto e, come tutti i rapporti, evolve sapendo già che il risultato finale sarà la separazione. La volontà di iniziare il rapporto ma anche il tempo e la modalità per chiuderlo, devono essere condivisi da entrambi: paziente e medico. Solo così sarà possibile, non solo dare un senso al rapporto terapeutico ma anche al dolore della separazione.
Aggiunto: Febbraio 28, 2013
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Pseudonimo: Cristina
Pseudonimo: Cristina
Domanda allo psicoterapeuta:
salve Dr. Zambello abbiamo un grosso problema in famiglia vi parlo con il cuore in mano c’e mia mamma che a la depressione da un anno e si faceva la cura e era guarita ma 1 settimana fa ha avutu una forte ricaduta e labbiamo portata in un specialista che gli ha dato una cura in cui lei e lenta si sente la testa vuota quando parla barbetta piange e dice che lei ormai e una persona inutile come possiamo noi familiari aiutarla xche a vederla cosi ci fa stare male lei ha 56anni le chiedo di aiutarmi con qualche consiglio,lei Dr.pensa che la dobbiamo portare in una clinica ho si puo curare a casa? grazie spero che mi rispondera presto xche siamo esasperati cordiale salute dalla fam.Turco
Risposta del Dott.Zambello: ent.ma Cristina,
nei casi come in sua madre, dove ci si trova davanti ad una ricaduta, non conviene mai precipitare le cose e forse neanche preoccuparsi troppo. In fondo lo sapevate già che la madre soffriva di depressione e, reagiva abbastanza bene ai farmaci. Ora che c’è stata la ricaduta, evento possibile in tutte le depressioni, lo specialista cercherà di adattare una nuova terapia. La risposta al miglioramento la avrete nell’arco di 10, 15 giorni. Solo nel caso non ci fosse o peggiorassero i sintomi, sarebbe il caso di valutare un ricovero in una struttura.
E’ importante che tutti con la mamma teniate un atteggiamento empatico, cioè di comprensione ma positivo.
Aggiunto: Febbraio 27, 2013
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Pseudonimo: francesco
Pseudonimo: francesco
Domanda allo psicoterapeuta:
salve dottore le scrivo a proposito dellultima domanda fatta da tony, ebbene quest'argomento mi inquieta davvero molto.Verso il diciottesimo anno di età ho avuto una brutta crisi depressiva (circa tre anni fa) con panico ansia, e pensieri suicidi( e questo fa ancora peggio, perchè ti inserisce nella categoria dei 'disturbati mentali' di cui la gente ha paura)e da allora per lo stress non sono riuscito più a studiare e lavorare con ritmo costante. Ho finito il liceo con un enorme sforzo, dopodiche mi sono iscritto all università. Non riuscivo ad andarci per paura di non riuscire ad ambientarmi e fare amicizie, e ho mollato. quest anno sono disoccupato, a casa, ho lavorato poco e mi sono licenziato perchè trovavo trutto stressante e non riuscivo a gestire la mole di lavoro. In poche parole non riesco mai a risollevarmi e ottenere un qualche risultato sia lavorativo sia sentimentale. Provo stress e ansia anche nell'uscire di casa, e parlare con sconosciuti, disagio anche nel mio gruppo di amici, e a casa con i miei la situazione è sempre tesa, per rancori e situazioni pregresse. Mi sento sempre irrequieto, e teso, in uno stato come di semi allarme costante: spesso e volentieri entro in uno stato in cui arrivano pensieri ossessivi ad assordarmi, come se ci fosse sempre un frastuono di voci attorno a me.Aggiungo che durante tutto questo tempo sto facendo una psicoterapia, una psicanalisi. Il mio analista mi ispira fiducia però faccio fatica a instaurare un rapporto stabile, questa instabilità che provo ogni giorno la porto anche in quello studio... Sono anni che combatto con un male che mi sembra ormai connaturato al mio modo di essere. questo mi spaventa molto...ed ecco infatti la mia domanda è..ho passato questo benedetto punto di non ritorno? non è che a questo punto il mio cervello vessato da anni di come le chiama lei sollecitazioni di tipo psicogeno si sia guastato irrimediabilmente? a volte penso che se le persone che ho attorno potessero vivere per una settimana come vivo io, con la mia stessa qualità di vita intendo rimarrebbero sconvolte e stupite dalla quantità di dolore che sto affrontando,il quale è esageratissimo rispetto agli stimoli effettivi che lo provocano. per esempio, se si viene punti da una zanzara la maggior parte della gente non lo sente neanche, io invece mi faccio un sacco di male.
http://www.psicoterapiadinamica.it/2011/05/salute-mentale-i-giovan i-suicidio/
un altra cosa mi sono ritrovato ,molto nelle cose dette in quest'articolo. Non è che sa consigliarmi non so qualche libro che approfondisca questo specifico problema? mi sarebbe utile..
la ringrazio anticipatamente
Risposta del Dott.Zambello: Gent.mo Francesco,
anzitutto le chiedo scusa per il ritardo della risposta ma, ho avuto qualche problemino di stagione.
Lei ha avuto la possibilità di vedere "il male", spesso, con un po' di retorica, parliamo del diavolo dentro di noi, lei ci lotta contro. C'è un detto cristiano che suona, più o meno così: Il Signore da la croce a secondo delle forze. Chiaramente uso queste immagini come metafore, però, mi creda, lo dico da clinico, credo veramente che in lei ci sia la possibilità del riscatto. La possibilità di uscire dal pantano, ma lei ha una sola possibilità: l'analisi.
Di libri ce ne sono anche troppi, lei non ne ha bisogno, ciò che ha bisogno è di istaurare un rapporto.
Aggiunto: Febbraio 24, 2013
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Pseudonimo: Tony
Pseudonimo: Tony
Domanda allo psicoterapeuta:
Buonasera dott., volevo sapere a proposito dello stress, quando si giunge alla fase di esaurimento ( cioè' quella che segue il mancato adattamento) e' una condizione irreversibile? Grazie tante
Risposta del Dott.Zambello: Gentmo Signore,
la sua è una domanda molto complessa. Il meccanismo dello stress ha varie componenti: soggettive, oggettive esterne e obiettive interne, intendo la risposta somatica. Non ultimo, la componente della memoria di questo, dello stress.
Ci sono numerosissimi studi che dimostrano come vi siano punti di non ritorno e che questi sono molto diversi da persona a persona. L'esempio più lampante è forse l'ipertensione. Lei sa che essa non trova una base organica nel 80,85% dei casi. Oggi sappiamo molto di come i vasi sanguigni, sottoposti al una tensione psicogena, modifichino la loro struttura e poi, di fatto sono alla base dell'ipertensione essenziale. Ma ci sono altri possibili migliaia di esempi. Però è vero anche al contrario, strutture organiche invecchiate perché non utilizzate da tempo, possono riattivarsi e mettersi in moto se ne abbiamo voglia.
Aggiunto: Febbraio 22, 2013
Inserito da
Pseudonimo: LEILA
Pseudonimo: LEILA
Domanda allo psicoterapeuta:
BUONASERA DOTTORE, MIPERMETTO DI CHIEDERLE AIUTO PERCHE' MI TROVO IN UNA SITUAZIONE CONFUSIONALE,E IL PROBLEMA MAGGIORE E' CHE ARROSSISCO SENZA MOTIVO QUANDO MI TROVO CON QUALCUNO,DI SESSO MASCHILE. PREMETTO CHE SONO FELICEMENTE SPOSATA E HO DUE BAMBINI E QUESTA COSA IL FATTO DI ARROSSIRE CREDO CHE MI STIA INCASINANDO LA VITA VISTO CHE STO ROVINANDO ALCUNI BUONI RAPPORTI.
Risposta del Dott.Zambello: Gent.ma LEILA,
non ricordo il suo precedente intervento. La eritrofobia o rossore in volto, al collo e orecchie improvviso, è sicuramente un sintomo di un "disagio" inconscio. Le possibilità sono due: o lei se lo tiene e ci convive senza porsi problemi, un po' come il mal di pancia in certe situazioni di stress, uno lo sa e, se ne fa una ragione, oppure, cerca di scoprirne il motivo profondo. In questo caso, solo una psicoterapia, anche mirata ma con un indirizzo dinamico, la può aiutare,
Aggiunto: Febbraio 21, 2013
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Pseudonimo: simona
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Domanda allo psicoterapeuta:
gentile dottore.la ringrazio tanto.sai eravamo molto preoccupati per la frequenza,ancora di piu quando ho sentito il mio collega che nel panico deve essere una frequenza intorno a 120 bpm. la ringrazio da vero tanto di averci toglto questo dubbio e preoccupazione.
cordialita
Aggiunto: Febbraio 16, 2013
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Domanda allo psicoterapeuta:
Dottore ho appena intrapreso due percorsi di psicoterapia con due psicolpgi/psicoterapeuti diversi...uno utilizza la tecnica Sistematica Relazionale l'altro non l'ho ancora capito...secondo lei è un disturbo di ansia o depressione?
Risposta del Dott.Zambello: Gent.mo Francesco,
lei è sorprendente. Ma cosa se ne fa di due psicoterapeuti?
E' come se uno avesse due padri o due madri. Non sarebbe diverso anche in medicina, si immagina uno che viene curato per lo stesso disturbo da due chirurghi diversi, o due cardiologi diversi. Che senso avrebbe? Nessuno. Non è compito dello psicoterapeuta fare diagnosi, tanto meno via internet. Neanche la conosco.
Scusi, una mia curiosità, ma i colleghi sanno dell’esistenza dell’altro?