Inserito da
Pseudonimo: Sisifo
Pseudonimo: Sisifo
Domanda allo psicoterapeuta:
Gentile dott. Zambello,
leggo da alcuni mesi il suo blog e un paio di volte ho avuto occasione di confrontarmi con lei. Apprezzo le sue risposte, che in generale trovo utili ma una cosa me la lasci dire: io non potrei mai entrare in terapia da lei.
Il motivo è semplice: lei è profondamente credente e probabilmente anche cattolico praticante, mentre io non credo assolutamente al'esistenza di Dio.Tutte le religioni sono un'illusione, non esiste nessun essere superiore. Ne ho la prova ogni volta che mi guardo allo specchio.
Lei mi sembra una persona intelligente, quindi non mi capacito del fatto che sia così cattolico. E non so proprio come possa conciliare la sua fede con la sua professione. Come fa ad ascoltare ogni giorno i problemi e le sofferenze delle persone e nonostante questo credere che Dio esista?
Se Dio esistesse allora sarebbe un pazzo sadico. Non riesco a pensare a un Dio che condanna me e tante altre persone a una vita da handicappati, deformi e infelici ancora prima di nascere. Sono "ottimista" e preferisco negarne l'esistenza.
Quando ero ancora adolescente incontrai una psicologa, se tale si può definire, che durante la nostra seconda seduta mi chiese se avessi fede, perché a suo dire mi avrebbe aiutato molto ad accettare la mia malattia genetica. Ovviamente da allora non la vidi più e a tutti gli psicologi che ho incontrato dopo di lei ho chiesto alla prima seduta se professassero qualche tipo di religione. In caso di risposta affermativa la prima seduta era anche l'ultima.
Risposta del Dott.Zambello: Direi che con me è stata più fortunata: si è risparmiata una seduta.
Peccato che io non sono affatto Cattolico. Se mi chiedesse se credo, le risponderei con la massima onestà mentale di cui sono capace e sapendo di ripetere Jung: "non credo, conosco". Penso di aver raggiunto un buon rapporto con la mia dimensione religiosa e, no sono orgoglioso.
Aggiunto: Ottobre 9, 2016
Inserito da
Pseudonimo: Silvia
Pseudonimo: Silvia
Domanda allo psicoterapeuta:
Buonasera Dottore,
sono bipolare e borderline e assumo farmaci e vado in psicoterapia. Da moti anni mio marito, uomo equilibrato e risolto, mi aiuta e mi supporta e mi sento meglio. Il problema però è che da un mese mio marito, che è sempre stato una roccia, dice di sentirsi sempre triste e stanco e l'ho visto piangere. Sono molto preoccupata. Che posso fare per lui?
Risposta del Dott.Zambello: Anche "le querce" possono piegarsi sotto le intemperie.
Credo che suo marito farebbe bene a chiedere aiuto ad un medico, c'è sempre un punto di rottura. Gli conviene non avvicinarvisi.
Aggiunto: Ottobre 3, 2016
Inserito da
Pseudonimo: FarfyGasth
Pseudonimo: FarfyGasth
Domanda allo psicoterapeuta:
Buonasera dottore, sono madre di un ragazzo di 17 anni, cresciuto senza il padre e, forse, con "troppa mamma". Ha vissuto un'infanzia spensierata e felice ed e' sempre stato un bambino sereno e cordiale. Con l'adolescenza e' radicalmente cambiato e, apparte la sua ribellione verso di me, ha iniziato ad indossare una corazza da duro che nasconde delle sue profonde insicurezze. A volte dice di sentirsi una persona triste, sola e depressa e di essere antipatico a tutti. Ha problemi a socializzare con i ragazzi (non con le ragazze, per fortuna!), e qualche giorno fa ho notato che si e' fatto dei tagli sul petto. Questa cosa mi ha allarmata moltissimo, gli ho chiesto spiegazioni, ma si limita a ridere e a non rispondere.
Mi ha detto che gli piacerebbe essere seguito da uno psicologo, perche' vuole conoscere se' stesso.
E' solo un capriccio dell'eta' o un'esigenza reale?
E, secondo lei, secondo la sua esperienza, nel caso decidessi di farlo seguire, quale percorso di psicoterapia sarebbe piu' adatto al suo caso?
Sono molto preoccupata. La ringrazio della sua attenzione.
Risposta del Dott.Zambello: Gent,ma Signora,
si, credo che sua figlia, adolescente, abbia qualche difficoltà dell'età.
Credo che lei debba essere contenta che sua figlia trovi il coraggio e la volontà di dirlo e chiedere aiuto.
Segua sua figlia in questa richiesta di aiuto ma non interferisca mai nella sua terapia.
Da ciò che lei dice non avrei dubbi a indirizzarla verso la psicodinamica.
Aggiunto: Settembre 24, 2016
Inserito da
Pseudonimo: Andrea
Pseudonimo: Andrea
Domanda allo psicoterapeuta:
Buongiorno dottore, secondo la sua esperienza è corretto fare contemporaneamente psicoanalisi e terapia cognitivo comportamentale? O questo potrebbe essere controproducente?
Ho molti dubbi, confido nel Suo consiglio.
Grazie.
Risposta del Dott.Zambello: Diciamo che non sarebbe un comportamento ortodosso e teoricamente neanche utile. Però, vale sempre la pena valutare caso per caso e non penso che la cosa in sé possa essere considerata a priori controproducente. Certamente i rispettivi terapeuti devono concordare con la scelta del paziente. Se questo non avvenisse la terapia o meglio, le terapie, diverrebbero presumibilmente controproducenti.
Aggiunto: Settembre 23, 2016
Inserito da
Pseudonimo: Anna.foni74@gmail.com
Pseudonimo: Anna.foni74@gmail.com
Domanda allo psicoterapeuta:
Come combattere il panico senza farmaci
Risposta del Dott.Zambello: Se è un panico che si struttura su una personalità nevrotica, sicuramente con una psicoterapia cognitivo-comportamentale. Con disturbi di personalità, si consiglia una psicoterapia dinamica
Aggiunto: Settembre 20, 2016
Domanda allo psicoterapeuta:
Gentile dottore sono la mamma di un bimbo di 5 anni cui è stata diagnosticata l adhd preponderante e uno spettro autistico molto lieve .dagli esami genetici non risulta nessuna delezione cromosomica ed il qi è nella norma.Mio figlio è seguito da un istituto convenzionato dove riceve terapie cognitivo comportamentali e all asilo ha il sostegno e l educatrice ...noi genitori a casa seguiamo un parent training presso la psicologa del centro per adottare stessi comportamenti col bambino .ultimamente ci è stato riferito che le sue capacità e possibilità vengono inficiate dall elevato grado di iperattività ,sfida,disattenzione,oppositivita,scarsa tolleranza alle regole e frustrazioni e via dicendo ....pertanto ci hanno consigliato il ritalin....essendo noi farmacisti siamo molto reticenti al suo impiego e vorremmo affidarci a cure alternative ....io limito moltissimo gli zuccheri e mio figlio beve latte di soia dall età di 7 mesi .dimenticavo di farle presente che è nato a 30 settimane causa gestosi ....grazie della pazienza e mi scusi l essere così prolissa !!!!
Risposta del Dott.Zambello: Gent.ma Signora,
non sono un neuropsichiatra infantile ed ho anche poca esperienza con i bambini, quindi prenda il mio parere come una risposta "di buon senso", non certo qualificata.
Mai, mai dovrebbero essere somministrati psicofarmaci ai bambini, tanto più per problemi comportamentali.
Sicuramente il bambino avrà bisogno di un particolare aiuto ma, su un piano educativo-comportamentale non certo farmacologico.
Aggiunto: Settembre 18, 2016
Inserito da
Pseudonimo: Alberto
Pseudonimo: Alberto
Domanda allo psicoterapeuta:
buongiorno. sono uno studente di psicologia, non se questo spazio è adatto, ma volevo porle una domanda di carattere teorico, relativa però anche alla pratica della psicoterapia. Leggevo riguardo le varie teorie dell'attaccamento, e mi sono imbattuto nelle ricerche sull' " area critica" dove gli avvenimenti dei primi anni di vita strutturano in maniera fondante il modo di relazionarsi del bambino, che poi dovrebbe mantenere queste modalità per il resto della vita. Mi sembra un concetto che ha delle implicazioni molto scoraggianti, visto il suo senso deterministico, ma che mi sembra abbastanza plausibile... Leggendo poi molti autori rilevano che alcune patologie gravi, come per esempio quella borderline, trovano origine proprio in quei primissimi anni di vita, e queste persone poi appunto riferiscono di avvertire un senso di fatalismo o di "destino ineluttabile". Volevo sapere, ammesso che questo punto di vista sia accettato dalla comunità scientifica, come è possibile intervenire durante un trattamento in modalità relazionali così antiche, in un periodo dove non si è nemmeno sviluppato il linguaggio? Grazie
Risposta del Dott.Zambello: Gent.mo Alberto,
questo è uno spazio clinico. Mi fanno comunque sempre molto piacere gli apporti teorici. In fondo non ci può essere la clinica senza una ricerca.
Lei pone una questione molto importante da un punto di vista teorico. Direi che è il punto dove si distingue la psicologia comportamentale dalla dinamica. La prima dice, là dove non c'è memoria né volontà, non posso entrare né far niente. L'altra, la dinamica dice, lì dove ti sembra non ci sia niente, ci sono le energie più potenti con le quali facciamo i conti, le pulsioni. Sto chiaramente parlando dell'inconscio. L'inconscio per la psicoterapia comportamentale è un box nero da non aprire, la dinamica pensa, nulla serve se non si viene in contatto e non si conoscono le pulsioni. Come diceva Freud: non divento padrone a casa mia. Per la verità, la teoria dell'attaccamento si pone in bilico fra le due posizioni. Ad esempio la questione che tutto si determini nei primi anni di vita era già un concetto Kleiniano, dove per altro, la Klein riteneva che il tempo dove tutto si determinava, fosse molto più breve: i primi sei mesi di vita. Se è interessato, si legga "Invidia e gratitudine".
Lei dice: ma allora che serve la terapia, che spazi ha? Questa è la grande "presunzione" della terapia psicoterapia dinamica, la psicoanalisi. Entrare dentro quel box nero e permettere che avvenga qualcosa che 20, 30, 40 anni prima non era avvenuto, si era bloccato, questo è il compito della psicoanalisi. L'analisi non aggiunge niente a quello che uno già ha o non ha, ma, come un enzima, permette processi che si sono bloccati. Aiuta il paziente, come scriveva Jung, a diventare se stesso, a individuarsi.
Buon studio.
Aggiunto: Settembre 14, 2016
Domanda allo psicoterapeuta:
salve. le pongo una domanda. Ho 24 anni e una relazione con una ragazza, provo dei sentimenti per lei e sto spesso molto bene ma mi sono accorto che ci sono delle cose del suo carattere che proprio non sopporto. Adesso dopo 9 mesi di relazione vorrei lasciarla ma ho paura di fare una scelta sbagliata di cui potrei pentirmi. Il fatto è che ho sempre avuto problemi a instaurare relazioni profonde, e quando le cose diventano serie ho la tendenza a scappare.. e vorrei smetterla. Da un lato però è innegabile per me la sensazione che questa ragazza per alcune cose non sia quella giusta. Non so che cosa fare, vorrei parlarle ma ho paura di ferirla. Oltre a sentirmi insicuro adesso credo pure di essere un codardo, e anche un po' egoista. Grazie
Risposta del Dott.Zambello: Gent.mo Davide,
credo che lei sia consapevole che pone una questione dove non posso darle alcun "consiglio". Non so niente di lei, tanto meno della sua ragazza e ancora niente della vostra relazione. Però ho letto la sua lettera dove mi sembra lei coltivi dentro di sé un dubbio: ma perché non riesco ad avere delle relazioni continuative? Questa sembra essere la vera questione: perchè all'inizio le cose vanno bene e poi, devo lasciare?
Se così fosse, le consiglio di sospendere per un po' il tema interrompere o non interrompere la relazione attuale e mi concentrerei sulle sue dinamiche interne.
Se mi permette, questo si è un consiglio che mi sento di darle, si faccia aiutare in un percorso psicoterapeutico.
Aggiunto: Settembre 8, 2016
Inserito da
Pseudonimo: Max90
Pseudonimo: Max90
Domanda allo psicoterapeuta:
Salve dottore,
Sono un ragazzo di 26 anni, da circa dieci soffro di Dap con agorafobia. All'inizio sono stato curato con ansiolitici ed antidepressivi, ma negli anni universitari la situazione è peggiorata e mia madre, insegnante, informandosi a scuola con uno psicologo scolastico, ha preso contatti e poi mi ha inviato da uno psicoterapeuta ad indirizzo psico dinamico. Oramai sono in terapia da più di tre anni, ho fatto molti progressi da un punto di vista delle consapevolezze personali e sono riuscito a tenere a bada le istanze depressive, ma il panico e l'agorafobia permangono, in certi periodi con manifestazioni più intense, soprattutto a ridosso degli esami (sono parecchio fuori corso anche perché a volte non riesco ad affrontare la commissione...). Circa tre mesi fa un mio amico, che soffre del mio stesso disturbo, mi ha dato l'indirizzo di un terapeuta ad indirizzo cognitivo-comportamentale. Ho già fatto cinque sedute, riprenderò la prossima settimana dopo la pausa estiva... Con mio grande stupore già dal primo incontro ho iniziato a sentirmi meglio, attuando delle semplici strategie e un certo dialogo interno. Il fatto è che non ho sospeso le mie sedute di analitica, ma non ho detto niente al mio primo terapeuta, con cui tra l'altro ho sempre avuto un ottimo rapporto. Secondo lei, dottore, è possibile portare avanti i due percorsi contemporaneamente? E se si, dovrei portarne a conoscenza entrambi i terapeuti? Io voglio stare meglio il prima possibile, ma voglio anche dei risultati duraturi, e mi sembra che solo la combinazione delle due cose potrà consentirmi questo risultato completo. È un grande investimento di tempo e denaro, che consiglio mi può dare?
Risposta del Dott.Zambello: Da un punto di vista teorico, la sua situazione non è ortodossa ma, poco importa. Le consiglieri comunque di parlarne con il suo terapeuta. Vedrà' che le cose sono più semplici di quanto crede.
Aggiunto: Settembre 5, 2016
Powered by PHP Guestbook 1.7 from PHP Scripts
Pseudonimo: Sisifo
Domanda allo psicoterapeuta:
Gentile dott. Zambello,
non mi fraintenda, a volte invidio chi ha una qualunque fede (cattolica o no in effetti poco importa) e riesce così a trovare un senso a tante sofferenze. Spesso mi trovo a pensare che forse anche io starei almeno un po' meglio se credessi, che ne so, che dopo la morte ci sarà per me una vita migliore, senza malattia in cui poter essere finalmente felice. Ma è una favola a cui non ho mai creduto. Non conosco il pensiero di Jung che lei cita né ho trovato riscontri sul web, quindi faccio fatica a comprenderlo. Se però intende dire che la sua fede è il risultato non di una credenza acritica ma di ragionamenti empirici e logici, allora la invidio doppiamente.
Risposta del Dott.Zambello: La pace verso "il sopranaturale", lei pone il tema del dopo ma non mi riguarda, sta nel fatto che ho sperimentato, sentito più volte nella mia vita, il "soffio" di qualcosa che era fuori da me.
La mia conoscenza di Dio poi, come nel bellissimo film "la vita di Pi" non passa attraverso la conoscenza di Lui di cui non so nulla né potrei dire nulla ma, dalla conoscenza, forse anche dalla accettazione, della mia miseria.
Ho imparato che non ci sono piante belle o brutte, animali belli o brutti, uomini, donne, belli o brutti ognuno è infinitivamente piccolo rispetto al tutto, all'eternità e meraviglioso rispetto al nulla. Non c'è un fiore bello o uno brutto, ognuno ha la sua funzione. Sono contento di vivere oggi, il domani, il perché, dove andrò non mi appartiene.