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Domanda allo psicoterapeuta:


Da bambina ho vissuto per tre anni, con la sorella di mia mamma e suo marito. Io avrei voluto vivere Casa mia con i miei fratelli e i miei genitori ma non ho mai rivelato a nessuno questo mio desiderio. E' stato mio padre ad accorgersi del mio allontanamento lento ma inesorabile da loro. Il mio disagio, lo manifestavo non giocando più con i miei fratelli quando andavo a casa dei miei. Per tutto il tempo della mia permanenza me ne stavo seduta accanto a mia zia con la testa abbassata e lo sguardo perso nel vuoto. Ho trascinato con me negli anni il terrore di essere lasciata da loro e, quando è avvenuto, mi sono sentita il cuore lacerare in mille pezzi. Per un anno, a causa di una crisi matrimoniale, mio marito si era innamorato di un'altra donna, sono stata lasciata da lui. La mia reazione è stata devastante e auto lesionate, per punirmi per non essere stata la donna che lui desiderava ho provato a suicidarmi non mangiando e perdendo in poco tempo 20 kg. Sono entrata in analisi ed ho scoperto che la causa del mio rifiuto di accettare l'abbandono era nascosta nella mia infanzia. Ora tra me e mio marito è tutto, apparentemente, tranquillo. Ho imparato a non aspettarmi niente da nessuno mi voglio più bene e penso più al mio benessere psichico ma quando mi sovviene ciò che mi ha fatto patire, provo un odio profondo nei suoi confronti. A volte penso di aver sbagliato perdonarlo e riprendermelo è così oppure mi sbaglio? Grazie per la sua cortese disponibilità.

Risposta del Dott.Zambello: Gent.ma Maila,
è tentata di far pagare a suo marito, "l'abbandono" dei suoi genitori. Teme che a pagare sia sempre lei, gli altri se la "cavano sempre".
Non è così, lei lo sa bene ha lavorato tanto. Deve uscire dal corto circuito della rabbia-vendetta, dove chi paga è sicuramente chi prova rabbia. Lasci le fantasie frustranti della rivincita, l'unica rivincita possibile è il perdono. Perdono inteso come capacità di andare oltre, di "dimenticare" il passato per essere libera oggi. Solo quando si sarà liberata dalla rabbia ma anche dalla nostalgia, potrà essere se stessa, amare e farsi amare.


Aggiunto: Settembre 20, 2015
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Domanda allo psicoterapeuta:


Salve dottore, le scrivo per avere un parere, per quanto possibile, sulla fine di un percorso di psicoterapia.
Sono stata in psicoterapia per molti anni, inizialmente per più di un anno e successivamente per altri due. Ogni settimana. I motivi di malessere erano differenti ma avevano un comune denominatore. Mi sono sempre chiesta se il percorso "stesse funzionando", non vedo dei veri e propri miglioramenti ma, dato molto rilevante sono riuscita a stare meglio. Sono passata dal richiedere costantemente più sedute in una settimana a chiedere la sospensione della psicoterapia. Mi sento meglio, forte e sicura di me. Dopo 2 mesi di sospensione ho capito che la scelta fosse la scelta giusta. La mia psicoterapeuta è rimasta sorpresa dalla mia decisione, mi ha chiesto di pensarci, di rivederci, di riparlarne; ma io ero e sono decisa! Ammesso e non concesso che dai grandi dolori non si guarirà mai, ma si può imparare a convivere con loro, a far si di non essere il dolore, ma d'essere UNA PERSONA con accanto un bagaglio di dolore, mi sono domanda se la reazione della mia psicoterapeuta fosse corretta. Sono molto giovane e non posso pensare di restare in terapia a vita. Tre anni per me sono stati tanti, ho imparato a camminare sulle mie gambe e a non voler annullare il passato. Ora mi chiedo, una psicoterapeuta non dovrebbe essere felice di ciò? Non dovrebbe in ciò vedere un enorme cambiamento e crescita? Finalmente dopo anni mi sento una ventenne con la sua vita nelle mani. La risposta della psicoterapeuta mi ha fatto rimanere perplessa, ha detto che dopo tanti anni non era strano interrompere così, che secondo lei dovevamo continuare ecc ecc. Avere una risposta da un professionista mi aiuterebbe molto.

Risposta del Dott.Zambello: Gent.ma Giulia,
lei sa che pone una questione che in terapia, anche da un punto di vista teorico è sempre stato molto dibattuta. Freud stesso ci scrisse un saggio: "Analisi terminabile e interminabile" del 1937. Per la verità, non esiste una risposta certa alla domanda che lei pone: quando finisce la terapia? Anche perché, da un punto di vista strettamente epistemologico, la domanda è mal posta. C'è sicuramente una fine legata all'interruzione della frequentazione paziente-terapeuta ma in realtà, ciò che lei ha maturato, scoperto, elaborato all'interno di quel rapporto, continuerà a crescere, per tutta la vita. Però, la sua domanda si riferisce alla interruzione della frequentazione. Direi che la definizione che lei propone: " ho imparato a camminare sulle mie gambe e a non voler annullare il passato", è credibile, ed è una buona definizione per dire, la terapia è finita. D'altra parte, deve essere sempre chiaro che il rapporto terapeutico è una delle possibilità che il paziente si da per andare verso la sua individuazione, diventare se stesso. La terapia è solo la ricerca di questa strada.

Gent.ma Signorina, sono certo che le è chiaro che sto parlando in senso generale. Non so assolutamente cosa sia avvenuto in questi tre anni e dove lei si trovi. Solo lei e la sua terapeuta potete dare una valutazione soggettiva ed oggettiva.

Quando chiedevano a Musatti, grande psicoanalista degli anni 1960/80, "Professore quando finisce l'analisi?" rispondeva ironicamente ma con molta saggezza:"Quando il paziente smette di mandarti gli auguri di Natale".


Aggiunto: Settembre 17, 2015
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Domanda allo psicoterapeuta:


la mania continua e pluridecennale del desiderio (non realizzato) di essere sculacciato da un uomo maturo può essere la causa di una depressione ormai perenne?

Risposta del Dott.Zambello: Non credo che una frustrazione sessuale sia per sé la causa della depressione. La sessualità, quella tra persone adulte, coinvolge strutture libidiche e psichiche ormai strutturate e può dare più o meno piacere o frustrazioni ma mai depressione.
E' invece interessante la simbologia che lei evoca in sé nel desiderio di essere sculacciato da un uomo maturo. E' un desiderio che viene sessualizzato ma che verosimilmente di sessuale non ha niente e che, con buona probabilità si presenta con una valenza sadica mentre non lo è. E' il bambino, forse, fin da piccolissimo che desidera che il padre si prenda cura di lui. Se questo non avviene, può elaborare in sé l'idea che l'unico modo per assicurarsi l'attenzione del padre è "diventarne vittima". Il bambino pensa o meglio sperimenta che in fondo è ciò che avviene, quando casualmente vede il padre e la madre che fanno l'amore. Il bambino non è in grado di decodificare quei movimenti, mugolii, come piacere. Per lui, sono atti violenti ed aggressivi dove però, il padre si prende "cura" della madre. Indi, se voglio assicurarmi una attenzione del padre, devo diventarne vittima: desiderio di essere sculacciato. Certo, se i bisogni sono così antichi e ormai irrecuperabili, non ci sarà nessuno/a che le potrà ridare quello che suo padre non le ha dato, questo, potrebbe essere la "causa" di una depressione.


Aggiunto: Settembre 17, 2015
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Domanda allo psicoterapeuta:


Salve, vorrei chiederle aiuto su una questione che mi sta logorando da diversi mesi: il mio orientamento sessuale. Ora ho 20 anni, quasi 21 e fino al febbraio scorso non avevo alcun dubbio sulla mia eterosessualitá, qualche volta ho avuto qualche pensiero omo ma non mi ha mai messo in difficoltà sulla mia sicurezza sessuale. Fin da piccolo ho avuto sempre una grande propensione ad andare con donne, non ho mai avuto alcun dubbio sui miei 'gusti'. Tutto questo è cambiato 7 mesi fa: ero ancora fidanzato(2 anni di fidanzamento), abbiamo avuto fin da subito rapporti intimi e mi sono sempre piaciuti, successivamente è diventato monotono e ripetitivo quindi l'ho tradirla con altre ragazze. Verso l'ultimo periodo del fidanzamento per provare cose nuove ho fatto conoscenza su chat e mi sono imbattuto anche in alcuni uomini, l'idea inizialmente non mi piaceva poi avendo problemi con la mia ex(contrasti ecc, non avevo altre ragazze con cui stare), mi è sempre piaciuto maggiormente anche avere conversazioni hot con altri uomini ma ho pensato che fosse quasi normale: cercavo altre attenzioni dal punto di vista sessuale e in quel momento l'unico modo era quello. Tutto ciò peró non mi ha creato grossi problemi. Successivamente, con la mia ex stavo vivendo un periodo orrendo: sapeva che l'avevo tradita con un'altra ragazza, problemi all'università e problemi familiari hanno incrinato molto il rapporto. Stavamo vivendo un rapporto noioso, frammentario e ansioso, in tutto ciò continuavamo ad andare a letto finché un giorno io ed un mio amico, per divertirci abbiamo assunto della noce moscata(causa ansia, paranoie e allucinazioni), la sera dello stesso giorno andai dalla mia ex(giá ero molto ansioso) e andammo di nuovo a letto assieme ma io l'ansia si fece sentire molto e allora per concentrarmi cominciai ad immaginare scene pornografiche etero ma, ahimè so presentò un'immagine di un uomo nudo e in quel momento crollai, non riuscì a finire il rapporto e persi ogni appetito sessuale. Da quel giorno ad oggi, ha avuto un'ansia di stare con una ragazza che accresceva di giorno in giorno fino ad arrivare all'idea che fossi gay. Man mano questa idea si è fatta sempre più presente e alla fine credo che mia abbia suggestionato non poco. Ormai non riesco quasi più ad eccitarmi guardando una donna nuda e se tento la masturbazione mi viene l'ansia a pensare ad una donna e quindi comincio a pensare alla figura maschile(che non mi crea ansia) ma facendo così è diventato un circolo vizioso che sta accrescendo di intensità, mi ha creato molti disagi e una crisi quasi di identità. Tento di ricordarmi come ero'etero' qualche anno fa per farmi rilassare poiché prima ero molto ma molto preso dalla donna, avevo un forte libido ma che sembra quasi perso ora. Anche se ho avuto sempre un'ansia con le donne, ho qualche problema di sentirmi a mio agio intimimamente con una donna(le parti che mi creano disagio maggiormente sono i piedi, le natiche e il fisico), confesso che sono molto complessato e problematico. Essendo molto insicuro ho spesso la paura (ansia da prestazione credo) di deludere le aspettative delle ragazze durante il rapporto(questo l'ho riscontrato dopo non aver finito il rapporto con la mia ex). Insomma ho spiegato, anche se grammaticalmente forse molto errato, un po' il mio quadro. Qualche mese fa mi recai da una psicoteraupeta e le mostrai un po' la mia vicenda, ma per problemi di soldi non ci sono potuto tornare. Chiedo un aiuto, anche un po' di conforto, nel senso che per la psicoteraupeta non sono omosessuale, di fatto le credo solo che più ci penso e più mi faccio suggestionare dai miei pensieri e metto in dubbio tutte le sensazioni che provavo con le mie ex. Vi prego di aiutarmi

Risposta del Dott.Zambello: Gent.mo Alessandro,
è una stupidaggine continuare a chiedersi sono omo o etero e, cercare in sé i segni che la confermino in un senso o l'altro. Troverà sempre risposte multiple e discordanti perché: noi siamo sia l'uno che l'altro. Non c'è uomo al mondo che non abbia una sua quantità di omosessualità, per fortuna, aggiungerei io.
Nelle cose che lei dice, non c'è un problema di identità ma di insicurezza, di meccanismi narcisistici difficili da scalzare. Una difficoltà di crescita che passa attraverso un inevitabile strettoia: il coraggio di affrontare l'altro in modo sufficientemente sicuro di sé.
Alessandro, lei ha solo 20 anni, questa conoscenza si sé, se viene, quando viene, ha bisogno di tempo. Lei ne ha molto.
La smetta di confondersi con ansie inutili e, trovi il modo per conoscersi un po' al fine di poter fare delle scelte consapevoli, crescere. Parola chiave: tolleranza.


Aggiunto: Settembre 13, 2015
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Domanda allo psicoterapeuta:


Non pensavo al lesbismo ma conoscendola sarei pensato più ad un blocco di crescita dovuto alla presenza di un padre violento. Può, per ipotesi, mia sorella associare un uomo forte psicologicamente e fisicamente a mio padre che anche se non forte psicologicamente e caratterialmente era debole e frustato e scaricava le nostri frustazioni su noi familiari picchiandoci?

Aggiunto: Settembre 13, 2015
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Domanda allo psicoterapeuta:


Leggo ora la sua risposta.Si caro dottore che vedo del troppo e ci vedo stranezza. In molti lo dicono e lo dicono soprattutto a lei ma quando i nostri amici gli dicono ciò, lei risponde che è tutto normale e non c è niente di anormale. D’altronde questa situazione non l’ho creata io: quando mancano i genitori è la norma che il primo figlio maschio si fa carico di tutto. Le riporto un esempio semplice che fa capire il tutto: mia sorella due anni fà doveva subire un semplice intervento in day hospital per togliere una placca metallica a seguito di un precedente intervento: pensate che i miei genitori l’avessero accompagnata in ospedale e gli avessero preparato la borsa con i suoi effetti personali o l’avesse fatto lei? L’ho dovuto fare io. Questo per un senso cristiano e sinceramente l’ho fatto a malincuore perché insomma non era compito mio.
Io a volte gli dico che si deve sganciare ma succede il finimondo. A volte gli dico senza alzare la voce ma in modo pacato e autorevole le seguenti quattro parole: “stai al tuo posto” e non vi dico cosa succede. Se lo dico a pranzo o a cena cominciano delle discussione e i miei genitori se la prendono con me.
Stasera l’ultima: vedendo il varietà del sabato sera, all’improvviso è comparso un uomo palestrato per fare delle prove di forza e lei subito a dire cambiamo canale. Non capisco il perché sinceramente.
Quello che le chiedo è quanto segue: come farle capire che si deve sganciare da me e secondo lei, generalizzando e senza attribuire nulla a mia sorella in quanto non sarebbe professionale da parte sua, quali sono le cause che spingono una donna ad essere attratti da uomini tendenti al femminile? Di solito la donna è attratta dall’uomo forzuto e sicuro perché può dare senso di protezione e sicurezza e potrebbe essere il giusto partner per procreare. Mia sorella è più attratta dall’uomo femminile. Chiedo questo perché con il suo fare, condiziona anche pesantemente la mia di vita.
Cordialmente stefano

Risposta del Dott.Zambello: Lei vorrebbe che le dicessi che a sua sorella piacciono "le donne", ma che ne so io? Perché lo dovrei sapere?
So quello che mi dice lei e, mi sembra che si stia condannando da solo a vivere il resto della sua vita con sua sorella , in una simbiosi che sicuramente non la aiuterà.

Però, qui finisco. Non ho la sfera magica per "consigliarla", né tanto meno conosco il futuro di sua sorella.

Auguri.


Aggiunto: Settembre 13, 2015
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Domanda allo psicoterapeuta:


Mi creda che ci sto provando ma il mercato del lavoro é fermo e ci sono molte difficoltà anche nel trovare lavori umili. Mi creda che mia sorella non ha difficoltà nei miei confronti perché gli ha fatto sempre comodo fin da bambina il mio appoggio e tutte quelle cose che le ho detto come il guardare gli sport da combattimento o entrare nella mia intimità me l ha fatto fin da quando ero bambino senza che i miei genitori intervenissero.
Lei però volutamente ha voluto dribblare e non mi ha risposto o se vogliamo ha risposto addossandomi un po' la responsabilità su di me. Una donna che si innamora di uomini gay e vieta agli uomini di vivere la propria mascolinità tra maschi, e non pensate al sesso tra uomini perché non mi sto riferendo a ció, che donna é?oppure é una bambina alla ricerca del padre mai avuto?

Risposta del Dott.Zambello: Stefano,
io non voglio dribblare le sue domande, non voglio dare delle etichette a una persona che non conosco, sua sorella. Certo, lei descrive una donna che sembra sottrarsi ad un rapporto sessuale: si innamora di uomini che per definizione non staranno con lei e sembra essere totalmente sessuofobica.
Questo già lei lo dice, ma perchè? Non lo sa lei ma, non lo so neanche io. Quello che so di certo è che Stefano non ci può fare niente ed è bene che non faccia, dica niente. Mi sembra un po' strano che lei Stefano non veda che c'è qualcosa di "troppo" nel rapporto fra voi due: fratello e sorella e, siccome Stefano avverte un certo disagio, se pur confuso, le dico: lei ha una sola possibilità per aiutare sua sorella e stare un po' meglio anche lei, andarsene, ma lontano.


Aggiunto: Settembre 10, 2015
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Domanda allo psicoterapeuta:


Dottore vorrei un parere su mia sorella di trentacinque anni che mi preoccupa un bel po’.
Mi chiamo Stefano, ho trenta anni e sono gay. In famiglia sanno ma fanno finta di non sapere nulla perché i miei genitori e mia sorella vogliono dimostrare al mondo di essere diciamo perfetti quando poi sono il perfetto opposto.
Quella che mi preoccupa di più è appunto mia sorella che ha trentacinque anni.
Premesso che lei non ha avuto un buon rapporto con mia madre che è la classica bonacciona ignorante e neppure con mio padre, il classico padre padrone che ha scaricato le proprie frustrazioni su noi figli e su sua moglie, però mia sorella mi preoccupa sotto diversi aspetti.
A livello scolastico, finito il liceo ha conseguito una laurea in economia con una votazione bassa in quanto gli studi economici non erano nella sua inclinazione: quante volte gli ho detto di cambiare ramo e di fare ciò per cui era veramente portata e lei nulla. Giustamente non avendo un buon curriculum non trova lavoro e pretende di essere aiutata da me. Ma non capisce che giustamente io non posso far nulla.
Quello che mi preoccupa di più e quanto segue: non ha hobby femminili o meglio uno stile di vita femminile anche se si veste normalmente come tutte le donne. Cioè mi spiego meglio: non gli piace la pallavolo, la danza, o un qualcosa di tipicamente femminile, non sa cucinare e infatti se manca a casa mamma devo provvedere io a cucinare anche per lei, non gli piace dare un aiuto in casa nel fare i lavori domestici, pretende che io le debba dare dei consigli come prepararsi per uscire o come pettinarsi i capelli, vuole parlare di uomini con me. 0vviamente io cerco di mantenere le giuste distanze anche se lei usa il ricatto che siamo fratelli, che la devo aiutare perché ha solo me nella vita,eccetera.
Però la cosa peggio è che lei si innamora di uomini gay, uomini gay affermati sul lavoro ma che non sono
apertamente dichiarati e che per di più si nascondono facendo finta di essere donnaioli. Io gli dico la santa verità ma lei fa finta di nulla non volendola accettare. Attualmente si è invaghita di un uomo di 45 anni gay. Io gli dico di trovarsi un uomo vero, affettuoso e che sappia affrontare le difficoltà della vita, ma lei nulla. E’ allergica all’uomo vero. Poi è strana: pensa che gli uomini siano interessati solo al sesso. Cioè a volte mi dice che è interessato ad un uomo. E io gli dico di fermalo e di invitarlo a prendere un caffè per conoscerlo oppure di frequentare i suoi ambiente per poi avvicinarlo e cominciare a parlare del più e del meno” . E lei mi risponde che è l’uomo che si deve avvicinare alla donna e non viceversa perché in caso contrario l’uomo può fraintendere una richiesta di conoscenza con una richiesta di sesso.
Poi mi vieta di fare palestra: andavo in palestra, si stavano incominciando a formare i muscoli bicipiti e lei a toccarmi e a dirmi che schifo; mi vieta di guardare uno sport da combattimento come la lotta perché pensa che io se guardo la lotta lo faccio per uno scopo puramente sessuale; se sto qualche minuto in più in bagno pensa che mi stia masturbando e me lo dice pure. L’ultimo è un episodio che è successo sabato: la portai su sua richiesta, perché lei non guida, in un centro commerciale a fare un giro. Lì c’erano per caso alcuni noti giocatori di rugby e io mi volevo avvicinare a loro per salutarli come un appassionato di un qualunque sport fa con i propri idoli. Lei fa la pazza isterica chiedendomi di tornare subito a casa perché aveva da fare.
Cosa devo pensare di tutto ciò? Io penso che sia ancora una bambina che non ha appreso comportamenti da donna perché non ha avuto un buon modello di madre ed è alla ricerca del padre che non ha mai avuto. Sbaglio o devo prepararmi al peggio? E poi, come posso farle capire che lei ha 35 anni e io 30 e che ognuno deve farsi il suo percorso di vita, le proprie scelte e i propri sbagli, sperando di sbagliare il meno possibile?
Grazie Stefano

Risposta del Dott.Zambello: Scusi Stefano,
lei ha 30anni che ci sta a fare in casa con i suoi genitori e sorella?
Può darsi che in sua sorella ci sia un po' di confusione, anche rispetto a lei ma, lei Stefano, non è mica il suo terapeuta, né suo padre o madre né un suo amico o consigliere e tanto meno, la sua balia.
Invece di perdere tempo a tentare di spiegare a sua sorella che deve essere indipendente, lo diventi lei. Si faccia le valigie e se ne vada lontano qualche centinaio di chilometri.


Aggiunto: Settembre 10, 2015
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Domanda allo psicoterapeuta:


Gentile dottore,
vorrei porle alla sua attenzione il seguente quesito sperando che possa darmi una risposta non sui generis.
Io non posso permettermi una psicanalisi perchè non lavoro e non posso andare da uno psicoterapeuta, neppure nel pubblico, perchè al sud non rispettano sempre gli appuntamenti preferendo l'attività privata a quella pubblica: ci ho provato ma era una psicoterapia discontinua: due sedute in 45 giorni per problemi vari.
Ho iniziato a scrivere una sorta di diario, dico sorta di diario perchè qualche giorno scrivo i miei pensieri su un dei fogli di quaderno che poi straccio visto che i miei familiari non sanno cosa è la privacy. Sto facendo una scrittura per libera associazioni.
Ora scrivendo mi vengo in mente tanti episodi e avvenimenti della mia vita e molti della mia infanzia. Come si fa a capire se questi episodi sono poi veramente accaduti o sono frutti della mia attuale fantasia. Per me è molto importante capire se alcuni episodi che mi vengono in mente quanto scrivo sono veri e non veritieri.
C è un modo per capirtlo?
La ringrazio.

Risposta del Dott.Zambello: Gent. mo Andrea,
questo spazio è limitato, ma soprattutto non conosco niente di chi mi scrive. Le mie risposte non possono che essere teoriche e spesso generiche.
Ritornando alla sua domanda, per me non esiste una "verità storica". Il lavoro di psicoanalisi, di lettura dentro di sé non è una ricerca storica, giornalistica ma il tentativo di capire come o cosa viveva e pensava quel bambino di tanti anni prima. I bambini non colgono la "verità", non ne hanno i mezzi, la conoscenza. A questo serve il rapporto analitico. Li, in seduta, l'adulto bambino, ripeterà l'angoscia di tanti anni prima, in un ineluttabile meccanismo a ripetere con l'analista e, la risposta del terapeuta può diventare "illuminante" su come lui funzioni.
Non si angusti troppo se per il momento non può fare una analisi. Succede spesso, lo tenga come un progetto per il suo futuro. Intanto non alimenti dentro di sé frustrazioni, non serve. E' giovane e avrà tutto il tempo per fare quello che vuole.
Lo dico per esperienza personale. Ho iniziato l'Università a 27 anni, i miei coetanei non solo erano già medici ma alcuni già in specialità. Ho avuto il tempo per fare tutto quello che desideravo fare. Faccio il medico da 30 anni e lo psicoanalista da 20. Vede, c'è tempo.


Aggiunto: Settembre 9, 2015
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Domanda allo psicoterapeuta:


Grazie per la sua cortese risposta. Da ultimo Le chiedo se, intraprendendo un nuovo percorso con un terapeuta differente, si ricomincia daccapo con tutti glia argomenti già sviscerati approfondendoli, o se il terapeuta nuovo, vista la precedente esperienza, affronta argomenti nuovi

Risposta del Dott.Zambello: Il terapeuta affronta quello che lei le porta. Lui non ha nessuna aspettativa, né attesa, capisce e risponde solo a quello che lei le dice. E' chiaro che lei potrebbe riproporre tematiche già affrontate ma, ciò che ha elaborato nessuno glielo potrà togliere, eventualmente aggiungerà aspetti nuovi.
Era proprio Jung che parlava di 2 analisi. Diceva che c'era una prima analisi dove il soggetto affronterà e imparerà a fare i conti con le sue pulsioni, aggressività e libido e, una seconda dove affronterà tematiche quali l'individuazione. Può sembrare un po' schematico o eccessivo, eppure, anche nel mondo orientale avviene la stessa cosa. In molti monasteri indiani, sulla facciata di questi si vedono bassorilievi con tematiche sessuali. Qual'è lo scopo di quelle immagini? Obbligare la persona a fare i conti con la sua pulsione sessuale e poi, placata questa, interessarsi dello spirito.


Aggiunto: Settembre 9, 2015
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Medico psicoterapeuta e psicoanalista


Dott. Renzo Zambello
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