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Pseudonimo: Luca
Pseudonimo: Luca
Domanda allo psicoterapeuta:
Come mai secondo lei i padri oggi si nascondono, come ha scritto un altro lettore citandola? E non si può far nulla, solo prendere atto della situazione? E' la "morte di Dio"?
Risposta del Dott.Zambello: Gent.mo Signor Luca,
l'analisi di quei concetti ai quali lei si riferisce è molto più complessa di quanto si possa fare in questa sede.
Parte infatti dalla filosofia di Nietzsche, non tanto sul concetto del "Dio che muore" ma sul pericolo della pervasione del nichelismo. E' li che il "padre" avrebbe dovuto contenere la marea distruttiva del fallimento dell'onnipotenza, il peccato originale e invece, ha tremato, si è nascosto confuso fino alla "Evaporazione del Padre" di Massimo Recalcati in "L’uomo senza inconscio" o in "Cosa resta del padre?" dove Recalcati, partendo da Freud fino a Lacan, evidenzia una paternità indebolita se pur essenziale.
Aggiunto: Maggio 26, 2015
Domanda allo psicoterapeuta:
Buona sera mia mamma dice di essere depressa da dicembre , va da uno psicologo da sei mesi , stanno ancora lavorando per capire , il fatto è che lo psicologo non le ha detto che è depressa, è mia mamma che lo pensa e un giorno ha chiesto al medico di base degli antidepressivi non chimici all insaputa dello psicologo . Siccome mia mamma dice molte bugie e finge pure per me perché esagera in tutto e mente spudoratamente come si fa a sapere se una persona è veramente malata di depressione ?
È sempre stata particolare molto stupida ma lo è anche mio papà solo che lui le cose basilari le sa fare a casa fa quasi tutto- e' stupido ignorante perche' non sa la conservazione dei cibi o ragionamenti logici non riesce ad esprimersi bene e parla solo in dialetto ha 58 anni , lei no , non sa fare le spese pulire decentemente non sa quanto guadagna non sa comprarsi dei vestiti non guida da 40 anni è disordinata non si ricorda le cose si comporta da bambina rimanda sempre dei lavori in sospeso . Da alcuni anni pensavo fosse ritardata mentale .ha 56 anni. Fa anche un lavoro di responsabilità ma nn so se sia brava o no .
Inoltre lei in qst ultimi anni è diventata dipendente dal cellulare e da qualche mese ha iniziato a scrivere a sconociuti , mette in dubbio il matrimonio . A casa non parla . Spesso fa il doppio gioco con il papà va da lui e poi messaggia a questi. Al papà basta dimostri il minimo affetto e a lui va bene così , ma io non sono convinta sia depressa e comunque scrivere ad altri non giustifica la malattia . Oppure si ?e mia mamma gli anni prima era un assidua credente praticante , ora non più
Anche mio papà non parlava mai cn noi . Ora mi parla perchè gli risolva la crisi matrimoniale o per incolparmi perché non tratto la mamma come una malata.
Lei parla a monosillabi dopo tre volte che le si fanno domande . Anni fa quando ero piccola io e mia mamma parlavamo molto ma lei era sempre molto infantile. Poi il loro matrimonio da parte di mia mamma , così lei diceva non era voluto al 100 per cento nel senso che non è mai stata sicura fosse l uomo giusto.
Come faccio a capire se è malata o no di depressione o la usa come scusa per provarci con altri uomini ?
Cmq io mi sento ovviamente una orfana quasi .economicamente mi sostengono ma mi sono fatta da sola specialmente ora . Sto aspettando di laurearmi per uscire da questa casa di matti . i problemi me li fanno venire e in qst situazione non riesco a concentarmi per studiare per gli esami. Abbandonerei gli studi e andrei a lavorare di corsa è che mi mancano pochi esami ma sto impazzendo per darli. Non ne posso più .io ho 24 anni , sono fuori corso da due. La concentrazione è sempre stata un problema poi ho problemi di salute ma non si sa ancora perche ' l ansia sicuro me li fa venire.studio filosofia e fino ad ora avevo voti massimi . Adesso me ne sto fregando ho perso l interesse per la materia perche ' i problemi a casa mi risucchiano.
Ah e ultimamente mia madre inventa o sente ogni due sett un dolore nuovo e chiede di stare in malattia continuamente .
I miei hanno sempre messo in mezzo ai loro problemi me e purtroppo sono figlia unica . Scapperei dal mio ragazzo a convivere immediatamente ma nn posso mantenermi appunto . Se io cedo divento una fallita ancora prima di iniziare a vivere da adulta ,a lavoratore .vorrei anche capire se sto sbagliando. Io ai miei rispondo sempre li tratto alle volte da pari altre no perché spesso sono io che insegno loro. Secondo me dovremmo andare tutti e tre in terapia o io me ne devo appunto andare da casa . ( il discorso è contorto e complesso ed è tardi , mi scusi per gli errori ). Io nkn sono deressa ma potrei diventarlo se le cose non cambiano.
Risposta del Dott.Zambello: Gent.ma Signorina,
ma no, finisca gli esami e poi farà quello che vuole. I suoi saranno limitati, come dice lei ma, hanno resistito fino ad ora, sanno come "aggiustarsi". Non interferisca.
Non lo so se sua madre è depressa o no. Lasci che sia il suo terapeuta o il medico a valutare e se rimangono dei dubbi, c'è lo psichiatra. Non è compito suo fare diagnosi.
Aggiunto: Maggio 26, 2015
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Pseudonimo: Limoges
Pseudonimo: Limoges
Domanda allo psicoterapeuta:
Buona sera dott. Zambello,
mi perdoni se la disturbo un'ultima volta, cercherò di riassumere in poche righe gli sviluppi della mia situazione.
Premetto che mi trovo all'estero da circa un anno, in cui tra le altre cose ho deciso di intraprendere una terapia psicologica per problemi legati principalmente alla scarsa autostima.
Purtroppo però, finito il progetto che mi aveva portata a espatriare, fatico a trovare lavoro, e anche se vorrei restare qui e costruirmi una carriera, economicamente non ce la farò ancora per molto.
Mi sono rassegnata a tornare a vivere in Italia dai miei genitori, tra poche settimane partirò.
Tutto ciò mi ha mandata in depressione, facendomi sentire incapace, fallita, buona a nulla. Tanto che un impiego sì, mi sforzo di cercarlo, ma io per prima non ci credo e passo più tempo a piangere e intristirmi che altro.
Il mio terapeuta ha cercato di aiutarmi proponendomi azioni concrete andando forse anche oltre il suo ruolo. Ieri pomeriggio in seduta ha cercato ancora una volta di spronarmi proponendomi di mettermi in contatto con una coppia di suoi amici che a breve partiranno e avranno bisogno di qualcuno che si occupi dei loro gatti.
Ho opposto il mio solito atteggiamento rinunciatario di chi pensa di aver già perso in partenza e nemmeno scende in campo. A fine seduta al momento del pagamento mi ha detto "per le prossime volte non prendiamo appuntamento".
Poi, fuori dal suo studio, ragionando a mente fredda mi sono pentita del mio rifiuto, e via sms gli ho chiesto di mettermi comunque in contatto con quei suoi amici, anche se non credo servirà a qualcosa.
Stasera mi ha lasciato un messaggio in segreteria in cui mi comunica che ha lasciato loro il mio numero perché si fida di me e la mia situazione richiede azione, non pensiero. Mi dice che devo avere coraggio, che sa che ce la posso fare.
Non so più che fare, mi sento sola e senza punti di riferimento.
Peer ora non ho la forza di chiedermi se il mio terapeuta abbia agito bene o male, o di pentirmi dei miei errori.
Ho solo una domanda: è normale finire una terapia in questo modo?
Risposta del Dott.Zambello: Gent.ma Signorina,
lei mi pone una serie di domande alle quali non posso rispondere. Non sono in una situazione di super-visione per poter dare un giudizio sull'operato del suo terapeuta al quale di certo, non si può negare sensibilità ed empatia.
Mi sembra che lei dia un po' troppo peso alla situazione attuale. Finire una esperienza, anche quella terapeutica, oltre a quella lavorativa, non significa fallire.
Avrà tante altre possibilità e niente di quello che lei ha fatto, maturato, andrà perso.
Prenda la situazione con un po' più di leggerezza, ne colga le possibilità e viva il tutto come una nuova occasione.
Aggiunto: Maggio 24, 2015
Domanda allo psicoterapeuta:
C'è una Sua frase che trovo a dir poco stupenda che ho trovato in un articolo recente nel suo sito: " Il nostro è il tempo dove Dio non lo si sente e i padri si nascondono.".
Questo concetto, secondo me, racchiude un'intera analisi della società odierna, oltre che coincidere con ciò che siamo chiamati a fare, ri-trovare il nostro sè, ed il Sè. E per questo voglio ringraziarla, leggere così belle cose su internet è raro.
Questa Sua frase mi ha colpita anche per un'altra cosa, nel senso inverso, e mi ha messo tristezza. Fin da bambina, almeno da che io abbia memoria, ho avuto l'esperienza per cui 'il mondo dell'invisibile' e la sua mano mi abbia sorretta mentre il mondo ordinario, quello 'terreno' mi era ostile. In breve, io sentivo fin troppo presto, e sento di 'essere chiamata' ( come direbbe Hillman parlando di chiamati dall'anima) dal Sè, e questa è un'esperienza spesso straziante, e ciò ha corrisposto nella mia vita iniziale ad osservare che il mio Daimon abbia come 'scelto' di piombare quaggiù e di rivelarsi per contrasto; mi piace pensare, o forse proprio sentire, che sono nata dalla parte oscura della Luna per vedere meglio la Luce, e ciò che devo diventare. Mi si potrà di certo obiettare che sono ottimista :D
Se mi volto indietro vedo questa bambina che 'miracolosamente' cresceva come una piantina senz'acqua da parte degli uomini, se non quella della pioggia del cielo.
Mi viene sempre in mente un bellissimo passo di Hillman, che riporto qui, che vorrei condividere con lei, perché nei momenti in cui perdo la 'mano dell'i visibile', dentro e fuori, perdo anche me, al contrario sono me stessa tra le braccia del Tutto, essendo la stessa cosa di esso.
"La psicopatologia fa scattare intuizioni psicologiche più profonde di qualsiasi ideale o formula spirituale.
Un approccio negativo è spesso quello che getta la luce più cruda.
Il momento più patologizzato di tutto il racconto della Incarnazione è quello del grido sulla croce, che dice l'angoscia lacerante di quando si è circondati soltanto dal mondo visibile.
Gesù aveva avuto nemici intorno per tutti i 33 anni della sua vita, era stato combattuto e perseguitato, ma mai si era sentito braccato come in quel momento. Il mondo degli uomini, della natura, e delle cose era diventato selvaggio e ostile. ......quando l'invisibile abbandona il mondo quotidiano (come fece con Giobbe, lasciandolo afflitto da ogni sorta di disgrazie fisiche e materiali), allora il mondo visibile non può alimentare la vita, perché la vita non ha più il sostegno invisibile. Allora il mondo ti dilania.
Non è forse questo che ci insegnano la decadenza e la rovina delle culture tribali, una volta derubate dei loro spiriti in cambio di beni di consumo?
La compresenza di visibile e invisibile è ciò che alimenta la vita. Noi arriviamo a riconoscere la straordinaria importanza dell'invisibile soltanto quando ci lascia soli, quando ci volge le spalle e scompare come Huldra nella foresta, come Yahwe' sul Golgota.
'ritorno degli invisibili', da 'Il codice dell'Anima' J. Hillman
Risposta del Dott.Zambello: Grazie.
Aggiunto: Maggio 24, 2015
Domanda allo psicoterapeuta:
Gentile dott. Zambello,
le scrivo perchè vivo un disagio. Ho un problema di fondo che permane nonostante la psicoterapia e i farmaci. Sono una ragazza di 33 anni e ho fatto i miei studi universitari con voti brillanti ma ho sputato sangue per laurearmi. Sono infatti una persona rigida chiusa, ho paura degli altri per cui espormi al mondo esterno all'università è stato un supplizio ( avevo persino il terrore di entrare nelle bilbiotehche) . Nonostante questo ho deciso di continuare e fare dopo i 5 anni di studio un master in un'altra università ed ho toccato il fondo: viaggiando molto non avevo più le energie fisiche per restare lucida mentalmente e assorbivo troppe cose negative. La mia giornata era risvegliarmi nel terrore e nello sforzo estremo per non desistere. Ho ingoiato tanti rospi e ho sofferto in silenzio scartata dal gruppo di ragazze normali che frequentavano il master. Socievoli, acculturate, aggiornate, divertenti: normali. Mi sentivo l'animale malato, quasi credevo di puzzare..mi vergognavo di esistere. Eppure la lotta per la soravvivenza mi ha fatta andare avanti. sempre. Ho preso un'altra specializzazione di due anni per realizzare un mio sogno e nel frattempo Ho avuto un lavoro con un responsabile di progetto che mi umiliava perchè non mi credeva all'altezza, visto che all'inizio ho avuto qualche difficoltà nell'abituarmi al lavoro (i medici che mi seguivano all'epoca mi hanno consigliato di scrivere tutto perchè c'erano gli estremi per mobbing) . credo che abbia visto il mio panico e abbia voluto demolirmi. Grazie al sostegno del mio ex ho portato a termine l'incarico. ma ero distrutta senza fiducia in me stessa, convinta di non essere veramente all'altezza. Dopo 7 mesi di disoccupazione trovo finalmente lavoro all'estero dove sono tutt'ora (2 anni). è difficile ricostruirmi la vita qui..ho un ragazzo ma ho paura ad uscire, mi sento a disagio. Al lavoro non apro bocca perchè vige la legge del gruppo dei più forti. Mi sento oppressa. Ho fumato dell'erba e sono entrata in un'analisi profonda di me stessa e riconsiderando azioni e pensieri mi vedo come incredibilmente stupida, inetta, disconnessa a tal punto che mi chiedo come puo il mio ragazzo stare con me. Io voglio convincere me stessa del contrario non mi importa essere brillante o super. Voglio solo fregarmene ed essere più libera. Ho paura di essere pazza. Quando sono in gruppo con amici mi sento come una bimba di 12 anni, non voglio parlare perchè mi sento ridicola e vivo gli incontri sempre come dei fallimenti e conferme della mia diversità. Penso di non avere più voglia di vivere perchè tutto mi conferma che non sono come gli altri ho una tara che svanisce solo se faccio sport intenso..ma non ho tempo per tutto e non ho più voglia di lottare. Eppure una parte di me mi dice che non è giusto che ho il diritto di esistere. Penso che sia meglio essere del tutto malati mentalmente o completamente equilibrati...stare nel mezzo fa stare malissimo. vorrei iscrivermi di nuovo a danza. Nonostante mi piaccia davvero faccio fatica a ripetere la coreografia perchè mi ci va più tempo rispetto agli altri...vorrei riderci su ma mi sento goffa e con una specie di ritardo nel comprendere. capisce come questo problema sia invalidante? Cosa vedo fare secondo lei? Grazie anticipatamente.
Risposta del Dott.Zambello: Gent.ma Dottoressa,
complimenti lei descrive molto bene il suo disagio e, l'errore che, forse, c'è alla base del suo essere. E' come se da 35 anni lei lavorasse ai "lavori forzati". Scopo: cercare di costruire un Sé. E' chiaro che nessuno l'ha condannata, lei si è condannata da sola ma, forse, a quel tempo, non poteva far altro. Parlo di un tempo lontano, molto lontano, dove forse non c'era ancora il pensiero, la sua parte cognitiva non esisteva ma, una parte del Sé soffriva un deficit di riconoscimento da parte degli altri. Noi ci riconosciamo negli occhi della madre, diceva la Klein. Non a caso, forse, questa necessità di lavorare con il suo corpo. E' il tentativo di colmare, senza per altro mai riuscirci, quegli antichi bisogni. Poi, la scelta di inseguire il conseguimento di un titolo, di un successo professionale ma, per lei, sono solo sovrastrutture, appunto, "superficie". Dentro, il vuoto.
Ma, per sua fortuna o forse condanna, non è così, o solo così. C'è dentro di lei una "parte sana" che pulsa e piange, vuole "uscire", nascere. Lei non ce l'ha fatta e forse non ce la farà mai a "impazzire". Può, deve nascere, rinascere. Nessuno ce la può fare da solo. Tutti noi abbiamo bisogno di una "madre", di un "padre" che si prendano cura di noi per crescere. Quel padre e madre biologici da tempo non centrano più, ora lo può fare lei, lei può riconoscersi come padre e madre di se stessa ma, ha bisogno di qualcuno che le permetta di farlo, che renda possibile la "Pasqua". La psicoanalisi è lo strumento. Non una psicoterapia, tanto meno una psicoterapia cognitivo comportamentale ma, una psicoanalisi. Se avrà il coraggio, le aspetta una lunga attraversata, il deserto ma in fondo c'è la libertà: l'esserci.
Aggiunto: Maggio 22, 2015
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Pseudonimo: Limoges
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Domanda allo psicoterapeuta:
Gentile dott. Zambello,
leggo ora la sua cortese risposta. Un po' criptica a dire la verità, almeno per me.
Credo di aver capito, mi corregga se sbaglio, che secondo lei ho fatto bene a rifiutare l'aiuto del mio terapeuta. Quello che non riesco a comprendere è in che modo, in questo caso, dovrei accettare le mie debolezze.
Mi scusi ancora per l'ulteriore disturbo.
Risposta del Dott.Zambello: Gent.mo Limoges,
il mondo è fatto di cose imperfette, limitate, compreso il suo terapeuta che, come tutti, può sbagliare e, forse lo ha fatto andando oltre il setting.
Però, è importante che lei lo abbia notato e "perdonato". Ha accettato che il "padre" sia limitato pur riconoscendone la funzione, l'autorità.
Bene, se è riuscito a fare questo e, da ciò che scrive sembra sia così, vuol dire che riuscirà ad accettare anche i suoi limiti, quelli di Limoges. Anche lei immagino sia imperfetto, limitato ma, potenzialmente "creativo" come il suo terapeuta.
Aggiunto: Maggio 21, 2015
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Pseudonimo: Limoges
Pseudonimo: Limoges
Domanda allo psicoterapeuta:
Gentile dott. Zambello,
Al momento sono in cerca di lavoro. Il mio terapeuta è al corrente della situazione e si è offerto di aiutarmi per quanto gli è possibile.
Ha proposto di chiamare un suo conoscente titolare di un locale, io pur comprendendo le sue buone intenzioni, l'ho fermato e gli ho detto che non mi sembrava per niente una buona idea.
Lui mi ha risposto di pensarci su e di mandargli il mio CV via mail che "se posso lo faccio girare".
Da un lato sono consapevole di rifiutare un aiuto che mi viene offerto in modo del tutto disinteressato ma dall'altro continua a sembrarmi una cosa sbagliata.
La mia paura più grande, e lui lo sa, è quella di deludere chi mi dà fiducia, perché penso a priori di non meritarla. La stessa cosa sta accadendo col mio terapeuta, e ne abbiamo già parlato. Temo di deludere anche le sue aspettative (ammesso e non concesso che di aspettative lui ne abbia).
Risposta del Dott.Zambello: Gentmo Limoges,
ha ragione quando distingue il setting terapeutico dal mondo esterno, comprese le sue difficoltà economiche.
Lei è bravo, ha individuato i ruoli e li difende, compreso "perdonare" al suo terapeuta una debolezza da "padre premuroso".
Questa mi sembra la cosa più importante: accettare il padre anche se non è perfetto.
Ma, se accetta le "debolezze" del padre, forse, ora, potrà accettare anche le sue, quelle di Limoges.
Aggiunto: Maggio 18, 2015
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Pseudonimo: Nadia
Pseudonimo: Nadia
Domanda allo psicoterapeuta:
Mi scusi dr ZAMBELLO IL MIO MEDICO CURANTE DICE CHE NN HO BISOGNO DI UNO PSICHIATRA….. IO VIVO UNA VITA TRANQUILLA ADESSO NN HO PIU PROBLEMI DI NESSUN GENERE… PRIMA AVEVO TANTISSIMI PROBLEMI….. NN HO CAPITO PERCHè DA UN GIORNO AL ALTRO è SUCCESSO TUTTO QUESTO…. NN SN MAI STATA MALE…. NN ME LO SPIEGO… DOTTORE COME DEVO FARLE PER USCIRNE… IL SONO NORMALE NN PIANGO NE NIENTE IL MIO UNICO GRANDISSIMO PROBLEMA è LA TESTA NN MI DA’ TREGUA…. MI FA’ MOLTO MALE MI BRUCIA DELLE VOLTE SENTO DI NN FARCELA MI AIUTI NN MI STA’ AIUTANDO NESSUNO VIVO CON MIO MARITO DA 5 MESI è MI SONO TRASFERITA IN UN PAESINO PICCOLO MENTRE PRIMA VIVEVO A BOLOGNA FORSE è IL CAMBIAMENTO
Risposta del Dott.Zambello: Signorina Nadia, io non sono in grado di fare via e mail una diagnosi, né tanto meno suggerirle una terapia.
Le facevo solo notare che il farmaco che le avevano prescritto è un antidepressivo, se non funziona significa che probabilmente lo deve cambiare o come molecola o la posologia.
Lo specialista che utilizza questo tipo di farmaci è lo psichiatra.
Mi dispiace ma, qui si ferma la mia possibilità di aiutarla.
Aggiunto: Maggio 16, 2015
Inserito da
Pseudonimo: Nadia
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Domanda allo psicoterapeuta:
Salve dottore mi brucia la testa…
sento ke il nervo della testa si spacca,,,
sono3 mesi ke sto cosi
il primo mese andavo tutti i giorni in ospedale mi faceva male tantissimo la testa nn capivo niente… il neurologo mi a dato laroxil 7 gocce la sera dice ke è la cefalea tensitiva ma il mio medico curante dice ke è depressione.. voglio uscire nn c’è la faccio più ogni giorno penso di dormire è nn svegliarmi più
Risposta del Dott.Zambello: Gent.ma Nadia,
il Laroxyl è un antidepressivo. Vada da uno psichiatra e rivaluti sia la terapia che la posologia. Non si disperi, con la terapia giusta tornerà la ragazza di 3 mesi fa.
Aggiunto: Maggio 16, 2015
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Pseudonimo: Luca
Domanda allo psicoterapeuta:
Grazie della risposta. Sono d'accordo quando parla dell'onnipotenza, e forse per questo il Padre è sempre stato desiderato onnipotente. Ma i padri reali non lo sono, e il problema nasce spesso dal fatto che li si vorrebbe diversi da come sono. Personalmente penso che questo errore di sopravvalutazione sia incurabile perché parte integrante della nostra antropologia, fonte continua di disagio della civiltà e di conflitti interiori e con gli altri. La sola sede che ci è rimasta per parlarne è l'anima, o la psicoanalisi, che è l'invenzione con cui sopravviviamo a tutto questo.
Risposta del Dott.Zambello: Ma no, la psicoanalisi è uno piccolo strumento, serve ma è solo una limitata possibilità che la nostra generazione e quella dei nostri padri, si è data.
Sulla questione dell'onnipotenza che a suo dire è insuperabile, non è proprio vero. Ha visto l'ultimo film di Sorrentino: Youth, la giovinezza?
Ecco, Sorrentino mostra bene come si possa "finire" o fallendo nelle fantasie onnipotenti ma, anche accettando il compromesso, il grigio, il parziale, il quasi vero che la vita propone ma che è la molla stessa del divenire. E' vero che uno dei due amici rimane rigidamente ancorato alla sua immagine onnipotente che lo porterà allo schianto ma l'altro raggiunge la saggezza di chi sa sottrarsi alla vanità.