Domanda allo psicoterapeuta:
BUON GIORNO DOTTORE SONO UNA RAGAZZA DI 31 ANNI, STO SEGUENDO UNO PSICOTERAPEUTA MA E' NORMALE CHE CI VADO OGNI VOLTA SENZA VOGLIA E SENZA PIACIMENTO ANCHE PERCHE' HO NOTATO IN ALCUNE SITUAZIONI CHE QUESTO DOTT. E' UN PO' LEGATO AI SOLDI!!!!! TIPO ACHE PER FARE UNA TELEFONATA MI FA LO SQUILLO....... E' NORMALE TUTTO CIO' COME POSSO FARE??? FA BENE LA TERAPIA SE CI VADO CONTROVOGLIA? GRAZIE
Risposta del Dott.Zambello: Ma scusi Linda, premesso che non so perché non le piaccia il suo terapeuta ma se così è, perché ci dovrebbe andare? Mi chiedo perché ha iniziato.
La psicoterapia è anzitutto un rapporto dove si muovono dei sentimenti che non devono essere necessariamente positivi ma, attivi.
Lei sembra prendere una purga.
Aggiunto: Novembre 20, 2014
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Pseudonimo: Luigi
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Domanda allo psicoterapeuta:
Gentilissimo Dottore,
Le vorrei chiedere se la psicoterapia umanistica integrata e' adatta per il disturbo borderline di personalita'. Grazie per la sua disponibilità. Saluti
Risposta del Dott.Zambello: Gent.mo Luigi,
le chiedo scusa per il ritardo della risposta ma, il guestbook non funzionava.
Riguardo la sua domanda, mi sono andato a vedere la definizione di psicoterapia umanistica Glielo riporto, lei magari lo conosce ma molti no: L’approccio psicoterapeutico umanistico integrato è un modello basato sull’evidenza dei risultati, discende dallo psicoterapeuta realmente integrato, autonomo e flessibile, capace di entrare in sintonia con l’unicità esistenziale del paziente/cliente che ha di fronte e, nel contesto di una relazione autentica e fiduciaria, di costruire un intervento di aiuto calato sulle specifiche esigenze, caratteristiche, limiti e risorse della persona. Il terapeuta pluralistico integrato è competente nell’applicazione operativa di più approcci concettuali sistematizzati, supera l’integrazione teorica e l’eclettismo tecnico, utilizza una metodologia consapevole i cui fondamenti sono al contempo la creatività personale e il rigore metodologico del terapeuta capace di sviluppare il proprio modo unico, coerente e consapevole di realizzare un intervento di aiuto, di fronte alla realtà complessa e multidimensionale del paziente/cliente, entro una relazione accogliente, sicura e prevedibile. (A.A.V.V., INTEGRAZIONE nelle psicoterapie. La psicoterapia pluralistico integrata. ASPIC n. 1 2011).
Che le devo dire? Personalmente non credo molto e mi danno un po' fastidio le teorie sincretiche ma, è un mio limite. Sono consapevole che alla fine dipende tutto da rapporto terapeuta-paziente.
Aggiunto: Novembre 5, 2014
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Pseudonimo: Michele
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Domanda allo psicoterapeuta:
Buonasera Dott. Zambello. La scorsa estate sono entrato casualmente in contatto, durante una gita in montagna, con un gruppo di persone Vegane. Ho notato uno strano clima fra loro. Ovvero parevano più dei Santoni che delle persone. Sembra che si sentano superiori alla media e soprattutto paventano il loro amore verso gli animali a tal punto da arrivare a offendere e a non tollerare chi è diverso da loro. Eravamo infatti in montagna e mio cognato aveva preparato molta polenta taragna (con formaggi anche di un certo pregio). Non sapendo fossato vegani ne offriva una scodella a loro e ad un certo punto il "boss" del gruppo ha rifiutato la polenta con maleducazione. Dottore. Ma il Vegano ama l'animale o odia l'uomo? Non crede che dietro questa filosofia alimentare di nasconda qualche forma di dolore antico ed inconscio che si manifesta sul modo di mangiare? Grazie. Cordiali saluti
Risposta del Dott.Zambello: Non sono vegano, ricordo che questa estate andai a mangiare in un ristorante vegano in provincia di Siena. Non solo ho mangiato male, secondo i miei gusti, ma ho fatto un pensiero simile al suo: "bisogna crederci". Grazie, no.
Aggiunto: Novembre 8, 2014
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Pseudonimo: Musica
Pseudonimo: Musica
Domanda allo psicoterapeuta:
Gent.mo Dott. Zambello, un pò di tempo fa, lessi il libro di Schwartz sul disturbo ossessivo "Il cervello bloccato".
Ho notato che distingue "forma e contenuto".
Lei scrive:Secondo alcuni ricercatori dell’Università della California di Los Angeles, (Schwartz) i sintomi caratteristici del disturbo sarebbero sostenuti da una disfunzione del circuito neuroanatomico che interessa sia la corteccia orbitofrontale che i gangli della base ed il talamo. In breve, nei pazienti che hanno tratto un beneficio significativo dalla psicoterapia cognitivo-comportamentale, si nota alla visualizzazione in vivo una normalizzazione nel tasso del metabolismo del nucleo caudato, che è una struttura sottocorticale. Tale nucleo è parte fondamentale di un circuito che interessa strutture corticali e sottocorticali. Il funzionamento alterato di quest’ultimo sosterrebbe, secondo le ipotesi teoriche, i sintomi.
Inoltre la ricordata normalizzazione del nucleo caudato renderebbe più indipendente il funzionamento delle strutture prima ricordate, ovvero la corteccia orbitofrontale, i gangli della base ed il talamo. L’eccesso di legame nel funzionamento di tali strutture sarebbe strettamente legato al disturbo clinico.
La mia domanda è questa: Quindi il contenuto è già in se la patologia, ovvero i sintomi?
Questi sintomi, che sarebbero causati da un disturbo emotivo, rimangono attivi a causa di uno squilibrio neurologico che appunto blocca il cervello.
Ho capito bene il punto di vista di Schwartz?
Grazie Dott. Zambello
Risposta del Dott.Zambello: Gent.mo Signore,
mi sembrava di aver risposto ad una simile domanda alcune settimane fa. Ripeto, io non ho l'esperienza clinica, né le possibilità sperimentali per dire se una teoria o l'altra è giusta. Certo i comportamentisti credono che vi sia una correlazione certa tra il sintomo e la "malattia" e che questa passa attraverso il biologico. Ogni scoperta di alterazioni neurobiologiche correlate ad un sintomo, non fa che rafforzare la teoria.
Io credo che molto sia vero ma, forse, siamo un po' più complessi di un meccanismo neuro-biologico. Continuo a credere che abbiamo un inconscio, un pre-conscio e, bestemmio, un'anima.
Queste parti le curiamo modificando qualche impulso neurobiologico?
Aggiunto: Novembre 9, 2014
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Pseudonimo: Giuseppe
Pseudonimo: Giuseppe
Domanda allo psicoterapeuta:
Buonasera dottore, le scrivo per chiederle un consiglio: sono un ragazzo di 19 anni, timido, introverso, sensibile e piuttosto solitario. Vivo comunque una vita serena, felice e ricca di affetto, da parte dei miei familiari e dei miei amici. Soffro di ansia, ed in particolare soffro di una forma ansiosa che io stesso, informandomi su internet, ho definito "ansia da separazione"; in sostanza, ogni volta che mi ritrovo lontano dai miei genitori per lunghi periodi di tempo (o sono impossibilitato ad avere loro notizie), appare una forte forma di ansia, piuttosto invalidante (non riesco, ad esempio, a concentrarmi nello studio oppure a rilassarmi). In particolare questa forma ansiosa mi preclude di partecipare a gite (scolastiche e non) di più di un giorno (alle quali, infatti, non ho mai partecipato, tranne alcuni viaggi con familiari e/o parenti). Ne soffro da sempre, a quanto posso ricordarmi, e col tempo mi sembra che l'ansia sia piuttosto diminuita di intensità (da piccolo avevo molta paura a rimanere solo a casa, oggi, pur se non tranquillo, ci riesco), però non sono riuscito a debellarla del tutto. Questo disturbo può essere connesso al fatto che mia madre, quand'ero molto piccolo, ogni anno mancava da casa per alcuni giorni (per motivi di salute)(anche se, credo sia opportuno sottolinearlo, anche in quei periodi l'affetto dei miei parenti non è mai venuto meno)? Come posso sconfiggere questo disturbo?
Nell'attesa di una sua risposta, la ringrazio in anticipo.
Saluti, Giuseppe
Risposta del Dott.Zambello: Gent.mo Giuseppe,
prima di intraprendere una psicoterapia che è il percorso più adatto alla sua situazione, le consiglio di leggersi:
DISTURBI DELL'ATTACCAMENTO
DALLA TEORIA ALLA TERAPIA
BRISCH K.H.
Giovanni Fioriti Editore, 2007
o altri libri sulla teoria dell'attaccamento.
Non penso che leggendo un libro si risolvano i problemi ma, forse le daranno delle indicazioni più precise di dove chiedere e cosa chiedere.
Aggiunto: Novembre 9, 2014
Domanda allo psicoterapeuta:
Gentile dott. Zambello,
le scrivo dopo aver visto un filmato in cui lei affronta il tema delle parafilie.
Ho 30 anni e da quasi 5 sto assieme a una ragazza mia coetanea.
Ho sempre vissuto con un certo disagio la mia sessualità. Ho infatti tendenze masochistiche e feticistiche, che non si limitano però alla sfera della fantasia da realizzare occasionalmente, ma sono per me necessarie a raggiungere la soddisfazione sessuale. Vale a dire che, nel masturbarmi o nell'atto sessuale, per raggiungere l'orgasmo ho bisogno di certe pratiche o perlomeno di visualizzare nella mia testa certe scene (nonostante inizialmente riesca ad eccitarmi anche solo con il contatto intimo).
Dopo le prime disastrose esperienze sessuali, la situazione è migliorata col passare del tempo, ed ora riesco abbastanza normalmente ad avere rapporti completi, sempre però ricorrendo, almeno con il pensiero, alle mie fantasie.
Pur avendo una vita relazionale soddisfacente e piuttosto attiva, questa situazione sta provocando seri problemi con la mia compagna, con la quale il problema è emerso dopo 4 anni in cui l'avevo tenuto nascosto (ho sempre tenuto la cosa per me, vergognandomene).
Lei si è mostrata comprensiva e perfino disponibile ad assecondare le mie fantasie, purché in maniera occasionale. Purtroppo ho paura che questa apertura non sia sufficiente a cambiare davvero le cose, dato che anche in seguito mi sono ritrovato a vivere questo mio lato sessuale con le vecchie e poco sane abitudini (ricorrendo alla pornografia virtuale o alle prestazioni di prostitute) che incidono negativamente sul buon andamento del mio rapporto affettivo.
Mi sono quindi deciso a intraprendere la terapia psicoanalitica, per cercare di conquistare una normalità che mi permetta di vivere la sfera sessuale senza queste limitazioni.
Mi sto documentando molto sui professionisti presenti nella mia zona (sono in Abruzzo), ma leggo che esistono diversi approcci terapeutici anche molto diversi tra loro, alcuni dei quali potrebbero essere più adatti di altri. Lei saprebbe indicarmi, a suo dire, quali scuole/approcci potrebbero avere maggiore efficacia nel mio caso?
Psicoterapia psicodinamica? Cognitivo-comportamentale? Gestalt?
La ringrazio per l'attenzione e per la possibilità che offre ai visitatori del sito.
Saluti,
Luca
Risposta del Dott.Zambello: Gent.mo Luca,
forse ognuna di queste tecniche psicoterapeutiche le possono dare qualcosa, Possono alleviare un po' il sintomo, aiutarla ad essere un po' più libero ma, nessuna la solleverà totalmente dalla sua "croce". Si cerchi un/a terapeuta che le dia fiducia, e lavori con lui. Le auguro di arrivare ad accorgersi che le "croci" non sono solo delle condanne ma, se accettate possono diventare motivo di salvezza.
Aggiunto: Novembre 10, 2014
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Pseudonimo: giulia
Pseudonimo: giulia
Domanda allo psicoterapeuta:
...secondo lei, dottore, si possono superare i traumi che derivano dagli abusi sessuali subiti da piccoli, in particolare dal proprio padre?
C'e' un modo per riuscire finalmente a vivere una vita normale come tutti, senza portarsi addosso il perenne senso di colpa e vergogna e la sensazione di totale inadeguatezza nei confronti della vita?
Occorre una psicoterapia specifica? Una psicanalisi?
Io ho fatto psicoterapia con il metodo Gestalt, la dottoressa era molto brava, pero' mi sembrava troppi spiccio, concreto, badava solo agli aspetti attuali della mia vita, non andava oltre, mentre io ho voglia di scavare in fondo al passato, per sperare in un futuro migliore.
Grazie di cuore
Giulia
Risposta del Dott.Zambello: Gent.ma Giulia,
le ferite non scompaiono, né devono scomparire ma, devono rimarginarsi, smettere di sanguinare o ancor peggio, infettarsi.
Per curare una ferita così profonda, come lei riferisce, bisogna "andare la", vedere bene, pulire e poi, andare altre.
Solo un processo dinamico può permettere questo.
Aggiunto: Novembre 11, 2014
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Pseudonimo: Laura
Pseudonimo: Laura
Domanda allo psicoterapeuta:
Buongiorno Dottore,
Le chiedo.. Secondo lei è normale che, pur volendo molto bene ai miei genitori, io non abbia mai voglia di frequentarli o vederli?
Premesso che non sono una ragazzina ma ho 34 anni e premesso che loro pensano ancora di essere le persone che possono decidere per me io credo di avere ancora molto rancore nei loro confronti. Sono separati da 25anni, si odiano e mi mettono in croce ogni qualvolta di presenta una festa dei miei figli visto che si odiano e non si possono tollerare nemmeno per l'amore che professano per i nipoti.
Mi hanno fatto passare un'infanzia oscena abbandonata a me stessa e a distanza di tutti questi anni ancora si scaricano colpe o negano cose fatte.
Io sto bene solo con mio marito e i miei figli. La loro presenza mi irrita, la loro insistenza nel voler venire a casa mia mi indispone.
Sa cosa mi sembra? L'eterna storia.. Genitori giovani che si vogliono fare i fatti loro tralasciando il peso dei figli e poi una volta anziani pretendono di passare le
Feste insieme, di godersi i nipoti ecc
Io li amo ma spesso penso di odiarli. Cerco di metterci una pietra sopra, di dimenticare ma questa loro continua invadenza non la tollero.
Mi chiamano anche 5volte al giorno per delle stupidate e se non rispondo sono capaci di piombarmi sotto casa (ovviamente quando non hanno di meglio da fare)
Risposta del Dott.Zambello: Una figlia che sa crescere e, genitori che non sanno invecchiare.
Ha ragione, è triste.
Li contenga, li limiti, li educhi a rapporti più adulti, come si fa con i bambini ma, non perda il rispetto. Non se lo potrebbe concedere.
Aggiunto: Novembre 15, 2014
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Pseudonimo: Marzia
Pseudonimo: Marzia
Domanda allo psicoterapeuta:
Gentilissimo Dottore,
alcuni giorni fa le feci la domanda che le rinvio. Non ho ricevuto alcuna risposta. Attendo.
Sento spesso parlare del dolore del borderline, cosa significa, perché il borderline dovrebbe soffrire più di altri? Io credo che il depresso soffra molto di più o, mi sbaglio?
Risposta del Dott.Zambello: Gent.ma Signora Giulia,
le avevo scritto in privato avvisandola che le avrei risposto sul sito. www.psicoterapiadinamica.it
Le allego il link:
http://www.psicoterapiadinamica.it/2014/11/il-dolore-del-borderline/
Aggiunto: Novembre 15, 2014
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Pseudonimo: Cristina
Domanda allo psicoterapeuta:
Buongiorno dott. Zambello, mi sono rivolta ad una psicoterapeuta consigliata da una persona alla quale ero molto interessata sentimentalmente e che aveva fatto anni fa una terapia con qs dottoressa trovando giovamento ai suoi problemi. Quando mi sono recata dalla psicoterapeuta ho iniziato ad esporre il problema e dopo un po' lei si è ricordata del caso e della persona che aveva trattato anni prima e mi ha detto che non poteva più proseguire con me perché conosceva il caso precedente. Premetto che non volevo sapere alcuna informazione privata (peraltro diverse già le sapevo perché raccontatemi dalla persona stessa) ma pensavo che quella psicoterapeuta potesse essermi d'aiuto proprio perché conosceva bene il soggetto. Secondo lei c'era un conflitto nel trattare anche il mio caso? Grazie per la disponibilità Cristina
Risposta del Dott.Zambello: Non lo vede? Il conflitto sta proprio in quello che lei dice: ".... ma pensavo che quella psicoterapeuta potesse essermi d'aiuto proprio perché conosceva bene il soggetto."