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Domanda allo psicoterapeuta:


Buonasera Dottor Zambello,ho letto delle domande che le sono state fatte nel guestbook,che più che domande sono richieste d'aiuto,anche da persone che sono seguite da un terapeuta,allora anch'io vorrei farle una domanda.Io sono seguito da uno psichiatra,e da uno psicoterapeuta.Sospetto che il mio psicoterapeuta sia succube dei miei genitori,poi le spiegherò perché,parliamo prima dei miei problemi.Io sono maltrattato da mia sorella,io ho 22 anni,lei 32,non ci vado d'accordo,e molte volte mi maltratta,anche se io giuro non gli ho mai fatto niente,e prende delle decisioni al posto mio,tipo pretendere di darmi il diritto di cambiare psicoterapeuta o no,il mio psicoterapeuta precedente non era per me competente così l'ho cambiato.Insomma sono succube di mia sorella,molte volte vorrei picchiarla ma non trovo mai il coraggio di farlo,così chiedo aiuto ai miei genitori che non mi difendono mai,corrono sopra i torti che mi fa mia sorella,e in più sono succubi a volte di mia sorella.Allora io ho pensato dato che il mio psicoterapeuta in passato si era offerto di fare da intermediario tra me e i miei genitori potrei chiedere il suo aiuto.Le spiego in che occasione il mio psicoterapeuta si era offerto di aiutarmi:prendevo psicofarmaci di nascosto e andavo dallo psichiatra di nascosto senza dirlo ai miei genitori.A causa di alcuni malesseri il mio psicoterapeuta mi consiglio di portare nel suo studio con me mio padre per dirgli dei farmaci e tutto,e anche per affrontare il tema di maltrattamenti che già allora subivo,quando portai mio padre con me il mio psicoterapeuta riguardo ai maltrattamenti subiti dai miei genitori si dimostrò succube di mio padre.Anche adesso il mio psicoterapeuta è al corrente della mia situazione con mia sorella e mi ha detto di parlarne con i miei genitori,ma questo non basta,allora io vorrei portarli un'altra volta con me in studio,ma sapendo che lui sarebbe succube,e non riuscirebbe a cambiare la situazione con mia sorella,come mi dovrei comportare?A chi dovrei chiedere aiuto?Sono disperato,spero di aver scritto in maniera comprensibile.La ringrazio anticipatamente.

Risposta del Dott.Zambello: Si Petrus, lei si è spiegato ma, io che posso dirle?
L'unica via possibile è che lei parli liberamente, così come ha fatto con me con il suo psicoterapeuta, senza preconcetti. Credo che lui cerchi il suo benessere, quindi, si accordi con lui.


Aggiunto: Settembre 22, 2014
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Domanda allo psicoterapeuta:


Buonasera caro dottor Renzo Zambello,
vorrei porre alla sua questione un quesito molto delicato.

Sarò molto breve nel raccontare la mia vita che è stata ed è un vero disastro.
Ho 33 anni e più di una volta ho cercato di uscire di casa per trovare la mia indipendenza psicologica dai miei genitori e quell’economia. In casa vivo male e anche se ho girato mezza Italia per trovare lavoro, questo non arriva.

Veniamo alla mia storia. Sono il primo figlio maschio, ho una sorella più grande di me che non si è sposata, non è fidanzata e non lavora, un fratello più piccolo di me che non è fidanzato e lavora presso uno studio dove la sua remunerazione ammonta a poco più di una paghetta, ho ancora entrambi i miei genitori ancora viventi. Per essere sintetico, le dico che i miei genitori non sono mai andati d’accordo tra di loro. La madre di mia madre, mia nonna materna che abitava con noi, ha sempre sospettato che mio padre avesse un’amante o facesse sesso occasionale con altre donne. Ho vissuto un’infanzia e un’adolescenza traumatica dove ho notato che mio padre e mia madre non hanno mai vissuto una vita matrimoniale (non erano separati in casa ma al di là del letto non hanno condiviso nulla), ho subito tantissimi atti di bullismo e tentativi di violenza sessuale a scuola da ragazzi adolescenti più grandi di me, ho dovuto essere il punto di riferimento di mia madre e di mia sorella perché mio padre è sempre stato menefreghista.

Veniamo al motivo perché le scrivo. A 20 anni m’iscrivo all’università. Beh la mia scelta era di andare a fare l’università lontano da casa, ma i miei genitori, per motivi non economici, me l’hanno proibito. A ciò devo aggiungere l’angoscia che mi dava mia sorella maggiore. Mi diceva: “ti va a divertire e a studiare in campus universitario e mi lascia sola!” Il mio percorso universitario poi non è stato molto lineare. Facevo il pendolare impiegando tre ore per andare e venire dall’università, non potevo studiare a casa perché non avevo uno spazio a disposizione per poter studiare con tranquillità e dovevo andare in biblioteca comunale. Più volte ho dovuto abbandonare gli studi, una volta per un incidente stradale grave che mi ha portato a stare a letto un anno, un’altra volta per dei lavori improvvisi in casa nostra (in pratica nel palazzo dove abitavamo e abitiamo hanno dovuto rifare tutti i pilastri), difficoltà nel superare brillantemente alcuni esami ostici come il diritto commerciale, il dover fare dà infermiere a mia nonna materna che era gravemente malata. Ho finito gli esami all’età di 26 anni con la media del 28 ma mi sono laureato all’età di 30 anni, una settimana dopo che mia nonna è morta, perché appunto la mia vita ruotava intorno a lei. Infatti, io dovevo grossomodo assisterla, alzarla da letto e portarla in bagno, dovevo dormire in stanza con lei per mancanza di una stanza in più in casa nostra, a volte ho dovuto aiutare mia madre a lavarla e quindi ho visto mia nonna completamente nuda, quando stava male provvedevo io a chiamare un medico e a portarla in ospedale e se mancava qualcosa insomma io mi attivavo principalmente. Questo perché mio padre non ne voleva sapere nulla, mia madre lo faceva controvoglia perché non ha mai avuto un buon rapporto con lei, mia sorella, con la scusa che doveva diventare la nuova Marina Berlusconi e che non aveva forza fisica per sollevare un disabile, se ne lavava le mani, mio fratello era quello che doveva diventare il nuovo Totti e per mia madre dove stare fuori dalle dinamiche familiari. Io gli facevo assistenza ma da un lato lo facevo con controvoglia perché volevo crearmi un futuro, da un lato però c’era in me un grande obbligo morale.

Da 3 anni non trovo lavoro, vuoi perché vivo male la mia sessualità, vuoi perché sto in un profondo stato di depressione. Avevo qualche risparmio e sono andato da uno psicoterapeuta. Beh con lui ho capito che io ho un disturbo di genere: in me fare cose da maschi per la mia mente conscia è estrenamente proibito vuoi perché non ho avuto un modello di riferimento maschile, vuoi perché mamma e sorella si divertivano da bambino a spiarmi in bagno e quando mi cambiavo mi dicevano che il pene è cosa sporca e va nascosta, vuoi perché ricordo continuamente gli atti di bullismo subiti. L’università per me è stata una terapia. Ho studiato management internazionale, laurea triennale, e vorrei riscrivermi daccapo e fare economia aziendale che sono 5 anni di studio. Il motivo è il voler uscire di casa e studiare materie più utili per un concorso pubblico. Però mio padre e mio fratello non vogliono. Mio fratello vuole che io lavori gratis in uno studio dove non ti pagano o ti pagano al massimo 200, 300 euro il mese e non ti insegnano nulla (magari m’insegnassero a diventare un professionista!), mio padre mi ripete sempre “che cazzo ti scrivi a fare di nuovo all’università, fai altro”. Ma nel momento in cui gli chiedo di sostenermi per due mesi per andare in Inghilterra, per sistemarmi, trovare un lavoro e imparare bene l’inglese, mi risponde: non cacare il cazzo. Nel momento in cui gli chiedo i soldi per fare un master post-laurea, anche là dice: non cagare il cazzo. Per me allora dunque riscrivermi all’università è l’unico modo per uscire di casa e chiedere a lui il meno possibile. Secondo lei, da psicoterapeuta e da padre di famiglia, sto sbagliando?

Due ultime cose prima di salutarla: la prima è che ho scoperto che mio padre davvero fa sesso con altre donne e la certezza l’ho avuta perché li ho beccati sul fatto: un giorno chiamai mio padre pensando che stesse in giro a fare faccende, lui rispose al telefono, parlò con me e poi riagganciò il telefono. In realtà lui pensava di aver riagganciato il telefono e di aver premuto il tasso rosso del cellulare ma così non fu ed io ascoltai una sua conversazione con una donna seguito poi da un atto sessuale. La seconda cosa è che parlando di queste cose con mia madre, lei mi risponde che io sono diventato pazzo come mia nonna, che mi invento tutto, che anche quello che ho subito a scuola in passato è frutto della mia immaginazione e che me lo devo tenere per me perché è vergogna. In questi casi come mi devo comportare? Intanto la vergogna che sto mangiando sta diventando tossica; i sensi di colpa mi logorano perché anch’io da adolescente ho dubito delle verità di mia nonna.

Risposta del Dott.Zambello: Gentmo Manuel,
le confesso che mentre leggevo la sua lettera, oltre a metà mi è venuto un dubbio: ho letto 13 o 33 anni?
Lei ha 33 anni ed è ancora li che sguazza all'interno di una famiglia problematica a chiedere riconoscimento e aiuto.
Se ne vada! vada sotto un ponte, ha la salute e la forza e troverà il modo per sopravvivere. Vada a fare lo sguattero, vada a pulire i cessi ma, vada via. Si faccia la sua vita e se ne prenda la responsabilità.
Ha tempo, farà poi, con le sue possibilità, quello che vuole,ma vada via.
Che gliene frega a lei di quello che è la vita morale, matrimoniale di suo padre? Certo tutto questo avrà pesato su Manuel adolescente ma ora, lei ha 33 anni ed è l'unico responsabile di se stesso.


Aggiunto: Settembre 21, 2014
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Domanda allo psicoterapeuta:


Buongiorno, ho 40 anni 2 matrimoni e 2 figli, uno con ciascun marito. La prima 16 anni e il secondo 5.
La prima e matura, responsabile, riflessiva, sportiva insomma la figlia che tutti vorrebbero avere ma assomiglia fisicamente a suo padre e per questo ho difficoltà a guardarla negli occhi ed essere affettuosa con lei.
Lei è sempre in cerca di conferme da parte mia e di farmi contenta, io per quanto mi sforzi non riesco ad esserne fiera come lo sono del piccolo che è figlio dell'attuale marito. Cosa devo fare?
Grazie

Risposta del Dott.Zambello: Gent.ma Serenella,
credo che il problema non stia nel suo rapporto con la figlia e neanche forse con il suo ex, anche se lei lo lascia intendere ma, con l'immagine che ha lei dentro di sé di sua madre.
il problema sta, forse, tra lei e la madre che lei ha dentro.
Se è così, quella è la "cosa" da risolvere.


Aggiunto: Settembre 15, 2014
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Domanda allo psicoterapeuta:


Eg. dott. Zambello, sto leggendo "Il dono della terapia" di Irvin D. Yalom, mi sono lasciata ispirare dal titolo ma pare più un "vade mecum" per i terapeuti piuttosto che per gli ipotetici pazienti.. Cosa ne pensa? Va bene anche per i "non adetti ai lavori"? La ringrazio per la disponibilità

Risposta del Dott.Zambello: Si, il libro, è la summa di quarantacinque anni di pratica clinica di uno psichiatra originale, preparato e filosoficamente sensibile.
Ne consegue un libro ricco ma non certo facile.
Credo che se ha voglia di avvicinarsi al mondo della terapia lei lo possa fare leggendo due classici: Georg Groddeck
Il libro dell’Es e l'intramontabile, Che cos'è la psicanalisi
di Pierre Daco.
Oggi forse il migliore divulgatore nel campo della psicoterapia è Massimo Recalcati. Scrive bene e scrive per chi sta cercando e non per iniziati.


Aggiunto: Settembre 14, 2014
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Domanda allo psicoterapeuta:


Salve dottore, vorrei sapere se è possibile riscontrare impotenza sessuale tramite porno grafia e/o cyber sesso? Se è possibile si può recuperare una vita sessuale normale oppure si rimane impotenti per sempre? la ringrazio in anticipo e le auguro una buona serata.

Risposta del Dott.Zambello: Gent.mo john lucky,
molto spesso la sessualità legata al porno é di tipo compulsivo: ho voglia, lo prendo e consumo. Poiché la disponibilità a questo livello, è quasi infinita, ne consegue un eccesso di stimolo che via via, esaurisce la fantasia libidica.
Troppi dolci fanno venire il diabete, per capirci.
Rimanendo nella metafora fisica: bisogna riprendere una buona alimentazione e, molto spesso, si riprende a star bene.


Aggiunto: Settembre 14, 2014
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Domanda allo psicoterapeuta:


Gentile dottore, le scrivo affiche' lei possa aiutarmi a risolvere un dilemma dal quale e' difficile uscire.
Sto seguendo una psicanalisi da diversi anni e i risultati mi sembrano buoni, pero' mi ritrovo in una fase depressiva molto intensa, e nonostante ogni sforzo, non riesco a superarla.
Il mio psicanalista e' contrario ad una terapia farmacologica, ma io sento che cosi' non posso andare avanti.
Secondo lei, se io associassi alla psicanalisi anche una terapia farmacologica e mi facessi vedere da uno psichiatra, questo potrebbe fare contrasto con l'analisi e annullarne o in qualche modo alterarne i risultati?
In alternativa, che altro potrei fare?
La psicanalisi e' lunga, ma la vita e' molto breve e a me non va di sprecare la mia in fantasie di disperazione, di suicidio e di morte...
grazie

Risposta del Dott.Zambello: Signor Gabriele,
lei conosce bene i meccanismi transferali all'interno di un rapporto analitico per non sapere che il suo star male è anche in relazione con il suo terapeuta.
E' con lui che deve risolvere il disagio. i protocolli in caso di depressione li conosce, sono scritti ovunque ma, evidentemente non a quelli lei si riferisce.


Aggiunto: Settembre 12, 2014
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Domanda allo psicoterapeuta:


Buongiorno, soffro del disturbo di ansia-depressione e assumo antidepressivi da diverso tempo ma senza risultati stabili. Sto pensando di iniziare una psicoterapia, ma non so a chi rivolgermi: può indicarmi qualche nominativo a Bergamo o nella provincia di Milano? La ringrazio.

Risposta del Dott.Zambello: A Bergamo c'è il Dott.
Cesare Casati
riceve nello studio di via Borgo Palazzo n°42
telefonando ai numeri:
035.234269
340.4690029

E' un Neuropsichiatra e psicoanalista.


Aggiunto: Settembre 10, 2014
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Domanda allo psicoterapeuta:


Buon giorno mi scusi x il disturbo, ho 40 anni 8 anni fa ho avuto una brutta depressione, con relativa nevrosi fobica ossessiva compulsiva. All'epoca il mio bimbo aveva 3 anni, e ho fatto di tutto x guarire, terapia farmacologica e comportamentale. Sono migliorata molto e seguita tutt'ora dalla neuropsichiatra e dalla tecnica comportamentale ( 2 dottoresse eccezionali), Dopo tanti anni ho avuto anche un altro bimbo che desideravo molto ma che avendo la fobia del sangue, (e conseguenti malattie e ospedali) non avevo il coraggio di provare ad averlo! Ora sto molto meglio, ma continuo a chiedermi perché non guarisco? Mi han detto che dalla nevrosi nn si guarisce completamente, ma perché? Perche nn posso tornare ad avere la mia testa libera come prima? Io ce la metto tutta, affronto i problemi, ma questa stupida ossessione non mi abbandona mai del tutto. Allora la domanda che vorrei porle è: si guarisce si o no dalla nevrosi fobica? Grazie Mariangela

Risposta del Dott.Zambello: Gent.ma Mariangela,
molto spesso desideriamo per noi cose che è bene non abbiamo.
Ad esempio, fatto salvo che non sono io che posso giudicare ciò che è giusto per lei, ma, è proprio sicura che non vorrebbe neanche questo residuo di nevrosi? Perchè, si vorrebbe perfetta? E se le dicessi che lasciata quella nevrosi lei si potrebbe trovare con una ancora più pesante?
Vede, un concetto dinamico di base che mi sembra saggezza vera, ci assicura che noi tutti facciamo i conti con la nostra "ombra". L'ombra è ciò che non vorremmo di noi mala nostra realizzazione passa proprio attraverso l'ombra, non per eliminarla ma per integrarla.
E' il concetto fisico della produzione di energia utilizzando i due poli: positivo e negativo. E' ciò che dice Gesù alle donne che piagnucolavano: "Non piangete su di me, prendete la vostra "croce" e seguitimi".


Aggiunto: Settembre 9, 2014
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Domanda allo psicoterapeuta:


Dottore ma il controtransfert cos'é precisamente? E' quando il terapeuta si innamora/infatua del paziente?E può accadere senza il transfert?

Risposta del Dott.Zambello: Gent.ma Paola,
il contro-transfer è un delicato ed importante strumento di lettura delle dinamiche del paziente che il terapeuta fa su se stesso. Partendo dal presupposto teorico che, ognuno di noi vede nell'altro cose che gli appartengono, che sono sue, si pensa che anche nel rapporto paziente-terapeuta, il paziente non coglie, vede, vive, il terapeuta per quello che è, peraltro non lo dovrebbe conoscere, né sapere alcun che sulla sua vita privata. Queste fantasie proiettive permettono al terapeuta di fare delle interpretazioni che fanno vedere al paziente come lui funziona. Un piccolo laboratorio.
Però, contrariamente a quello che diceva Freud all'inizio della sua teorizzazione, il terapeuta non è insensibile, ascetico che funziona come uno schermo bianco. Inevitabilmente è li, nella seduta con il suo Sé. Ed è proprio la lettura di quello che prova il terapeuta, che lui fa su se stesso che gli permette di capire quali sono i meccanismi più profondi del paziente. Solitamente la lettura del contro-transfert rimane nella testa del terapeuta, che cerca di capire ma non lo rimanda al paziente.


Aggiunto: Settembre 8, 2014
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Domanda allo psicoterapeuta:


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Aggiunto: Settembre 2, 2014
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Medico psicoterapeuta e psicoanalista


Dott. Renzo Zambello
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